I discendenti degli esuli costretti alla fuga da Tito sono discriminati e tenuti lontani dalle loro case

La testimonianza di chi è stato privato di tutta la sua storia

I discendenti degli esuli costretti alla fuga da Tito sono discriminati e tenuti lontani dalle loro case
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Il nonno di Donatella Oneto era il podestà di Neresine. Anzi: l'ultimo podestà. Si chiamava Giovanni Menesini (nella foto con la figlia e la nipote) e, finita la guerra, scappa in Italia. Deve scegliere tra la libertà e la dittatura comunista di Tito e opta, come altri trecentomila nostri connazionali, per la prima. Lascia non solo gli affetti, ma anche gli averi. Una storia come tante, ma diversa.

Nel 1945 perde tutto. Era il podestà, doveva pagare come «nemico del Popolo». Nel 1960, però torna a Neresine ed ottiene l'eredità della madre Nicolina Marinzulich, la casa di famiglia insieme ad un po' di terra. Nel 1962 Giovanni muore e la casa passa alla moglie ed ai figli. Nel 1985, però, iniziano i problemi. Altri e nuovi. Viene eseguito l'accordo di Roma del 1965 contro il nonno optante e vengono nazionalizzati i beni di famiglia, casa compresa. «Non c'era nulla da nazionalizzare - racconta Donatella, - i beni del nonno erano già stati confiscati nel 1945. La casa apparteneva alla mia bisnonna e solo successivamente a mio nonno. La nazionalizzazione era sbagliata e infatti la Jugoslavia non l'ha mai eseguita».

La famiglia attende. La storia scorre. Nasce la Croazia che, poco alla volta, si avvicina sempre di più all'Unione europea. Nel 2002 la famiglia Menesini fa una domanda di denazionalizzazione, evidenziando che la nazionalizzazione era sbagliata. Nel 2017 il Tar di Rijeka (Fiume) riconosce l'errore ma, anziché restituire la casa di famiglia, dichiara di aver trovato l'«opzione» della bisnonna che non risultava né all'Italia né alla Jugoslavia e ordina di nazionalizzare i beni dell'ava sempre in base all'Accordo di Roma. La casa viene consegnata alla Croazia nel 2020.

«Sono tutte procedure contrarie al diritto europeo - afferma la Oneto, con tono sbigottito - non ci posso ancora credere. Nel 2017 la Croazia, entrata nella Ue, non poteva nazionalizzare sulla base di una dichiarazione di nazionalità. È palese discriminazione». Come lei anche tanti italiani che hanno subito questa sorte. L'obiettivo della Jugoslavia, infatti, è stato prima allontanare i nostri connazionali e poi fare in modo che non tornassero più. «I profughi hanno cominciato a tornare già negli anni Cinquanta - racconta Donatella - La maggior parte degli immobili erano italiani e, se fossero tornati, i nostri connazionali avrebbero portato l'Istria ad essere italiana di fatto. Chi è tornato, come noi, è stato poi allontanato».

Non si tratta di soldi o

di ricchezze. «Io oggi chiedo l'eredità della bisnonna, che non è stata nazionalizzata dalla Jugoslavia. È una questione di affetto, sono entrata in quella casa quando ero nella pancia di mia madre e ora vorrei tornarci».

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