La piovra estremista con i tentacoli esteri adesso fa davvero paura

Da mesi c’è l’allerta: «L’Italia è sotto l’attacco degli ultras con agganci internazionali»

La piovra estremista con i tentacoli esteri adesso fa davvero paura

Un mese fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani era stato netto: «L’Italia è sotto attacco da un’internazionale anarchica». Attentati ovunque, nel mondo, dalla Bolivia alla Spagna, e epicentro ad Atene dove si era sfiorata la strage ed era finita nel mirino Susanna Schlein, sorella di Elly e numero due della nostra ambasciata.
Ora, la stessa internazionale è tornata all’attacco devastando il centro di Torino in un sabato di sfacciata violenza. E ancora una volta la polizia nota la presenza di elementi italiani e stranieri, una sorta di brigata del terrore che si sposta da un luogo all’altro, da un paese all’altro, con il kit necessario a seminare disordini e sfasciare vetri e locali.

Anarchici italiani e poi tedeschi, francesi, svizzeri, greci e spagnoli, forse la «delegazione» più nutrita. Tutti mobilitati nel segno di Alfredo Cospito che prosegue il suo interminabile sciopero della fame ed è diventato uno straordinario catalizzatore di gruppi che fino a qualche mese fa si muovevano nella penombra e raramente arrivavano alle prime pagine dei giornali. Invece, la vicenda del leader ribelle detenuto al 41 bis ha dato nuova linfa a segmenti e schegge di un movimento che non ha veri e propri capi ma può contare su alcune centinaia di irriducibili in Italia e in Europa. I numeri diffusi dalle forze dell’ordine parlano chiaro: 160 persone identificate, in parte italiane e in parte no, e 200 individuate, insomma già conosciute dagli operatori in divisa.

Un circuito che gli investigatori conoscono bene e che dispiega il suo potenziale distruttivo in strada; altra storia è attribuire responsabilità precise per le singole azioni di matrice eversiva: i tentacoli dell’anarchia sono difficili da afferrare, proprio per la natura non strutturata di una realtà così fluida.
E però sono moltissimi i veterani che da sempre fronteggiano polizia e carabinieri, come Lello Valitutti, voce storica torinese, che sabato lanciava inquietanti minacce: «Quel che accadrà, se Cospito morirà, è che i responsabili saranno giustiziati dagli anarchici, non da e non ora, ma succederà». Parole che non possono essere sottovalutate mentre si scorre la mappa dei diversi gruppi tricolori presenti sull’asfalto di Torino oltre ai locali, fra cui gli immancabili militanti autonomi del centro sociale Askatasuna, da sempre in prima linea quando c’è da accendere la guerriglia, in particolare quella no Tav, ecco anarchici da tutto il Paese: Milano, Roma, Trento, Imperia, Avellino, Napoli, Caserta, Udine, Brindisi.
È una storia che si ripete da molto tempo e oggi acquista una drammatica attualità per via del caso Cospito, dove ogni possibile mediazione è saltata e nessuno sa immaginare una via d’uscita ragionevole per chiudere la partita.

Quel che è accaduto in mezzo mondo nelle scorse settimane è un segnale del coordinamento fra realtà che a migliaia di chilometri di distanza parlano la stessa lingua.
Ecco gli atti vandalici e le azioni dimostrative contro i consolati del nostro Paese a Lugano, Barcellona, Stoccarda e ancora contro l’ambasciata a Madrid. E poi, in un susseguirsi impressionate di prove di forze dall’Europa all’America Latina, ecco il 27 gennaio l’incendio dell’auto di un funzionario dell’ambasciata a Berlino.
Ma l’episodio più grave resta quello del 2 dicembre scorso, quando l’autovettura di Schlein ad Atene è stata data alle fiamme e solo la mancata esplosione della seconda molotov ha evitato il crollo di una palazzina e una catena di lutti.


La guerriglia di Torino è dunque parte di una strategia che prevede momenti successivi ed è molto diversa da quella di matrice brigatista che abbiamo conosciuto fra gli anni Settanta e Ottanta, ma ugualmente insidiosa. Purtroppo, con quel che sta accadendo nel carcere di Opera, dove Cospito è detenuto, è facile pensare che il peggio debba ancora arrivare.

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