Torino, arresti al centro sociale Askatasuna: ecco cosa è successo

Secondo l'accusa, sarebbe confermato il ruolo di registi e di protagonisti nelle violenze degli antagonisti di Askatasuna, perpetuate per decenni in città e in Val di Susa, nella lotta No Tav

Torino, arresti al centro sociale Askatasuna: ecco cosa è successo
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Il blitz è scattato all'alba. Gli agenti della Digos di Torino hanno fatto irruzione nel centro sociale Askatasuna di corso Regina Margherita 47 per notificare sei misure cautelari e obblighi di firma ad altrettanti militanti. Le persone oggetto del provvedimento sono già imputate nel processo per associazione a delinquere. Le misure cautelari sono state emesse dopo che la Cassazione ha riconosciuto il capo d'accusa per il reato associativo e arrivano al termine di una serie di ricorsi da parte degli avvocati difensori. Dall'inchiesta sul centro sociale, portata avanti dalla Digos, guidata dal dirigente Carlo Ambra e coordinata dalla pm Manuela Pedrotta, era emerso, secondo l'accusa, il ruolo di registi e di protagonisti nelle violenze degli antagonisti di Askatasuna, perpetuate per decenni a Torino e in Val di Susa, nella lotta No Tav.

Il centro Askatasuna

Il centro Askatasuna è un edificio occupato da componenti dell'area dell'Autonomia contropotere dal 1996. Il gruppo di occupanti il 5 gennaio dello stesso anno si era impossessato di uno stabile in via Verolengo, dal quale era stato però sgomberato. Al piano terra sono concentrate quasi tutte le attività. Molti procedimenti, per diverse tipologie di reato, hanno visto coinvolti i frequentatori del centro sociale. Il primo di questi è relativo agli scontri di piazza avvenuti nel corteo del primo maggio 1999 a Torino, per i quali furono processati per resistenza e lesioni 110 dimostranti, assistiti tra gli altri dall’avvocato e onorevole Giuliano Pisapia. Nel 2000 un membro storico del centro venne condannato a sei anni e dieci mesi con l’accusa di aver preso parte ad alcuni attentati contro l’Alta Velocità in Valsusa. Dal 2009 Askatasuna è oggetto di indagini da parte della magistratura torinese, tramite l’utilizzo anche di migliaia di pagine di intercettazioni. Il risultato è stato la trasformazione, nel 2022, da associazione sovversiva ad associazione a delinquere dell’accusa per sedici militanti coinvolti. La presidenza del consiglio dei ministri e i ministeri della Difesa e dell'Interno si sono costituiti parte civile. I testimoni, chiamati dalle parti, sono circa duecento.

L'episodio dell'incendio

Recentemente è stata fatta chiarezza su un evento molto discusso: l'incendio che il 7 febbraio 2022 devastò la casetta-presidio dei No Tav a San Didero, in Valle di Susa, fu accidentale e non doloso. A rivelarlo è stato il il procuratore aggiunto Emilio Gatti, responsabile del pool antiterrorismo a Torino, alla ripresa del processo in cui un gruppo di esponenti del centro sociale Askatasuna sono imputati di associazione per delinquere. Il magistrato, in una per rappresentare la pubblica accusa, è intervenuto nel corso della deposizione di una testimone della difesa, una amministratrice locale contraria al Tav.

Il movimento No Tav aveva ipotizzato che il rogo fosse stato appiccato a scopo intimidatorio e in aula la donna si era lasciata andare a una battuta sul fatto che su certi episodi misteriosi i responsabili non erano mai stati individuati. Le indagini, invece, hanno accertato che le fiamme erano fuoriuscite da un bidone dove qualcuno aveva gettato qualcosa di simile a dei bracieri. Poi il forte vento di quella notte le aveva portate verso la costruzione.

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