!["La 'ndrangheta in Curva Nord per arginare gli Hammerskin"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2024/09/04/1725462669-bellocco-1.jpg?_=1725462669)
Lo abbiamo fatto per mantenere il controllo dello stadio, per difendere la Curva Nord dall'invasione dei neofascisti di Hammerskin: Andrea Beretta, il primo grande «pentito» della galassia ultrà milanese, spiega così la decisione dei capi della tifoseria interista di coinvolgere nel loro direttivo Antonio Bellocco, uomo di peso della 'ndrangheta calabrese. È una decisione che si rivelerà catastrofica, aprendo dissidi e spaccature: che culmineranno nella uccisione di Bellocco da parte dello stesso Beretta. E poi nella retata che ha azzerato una intera generazione di ultrà.
Beretta per non essere raggiunto in carcere dalla vendetta dei Bellocco aveva una sola chance: collaborare con la giustizia. E nel suo verbale del 21 gennaio scorso ricostruisce nei dettagli la genesi dei rapporti con Bellocco. Che nascono, dice, per autodifesa, dopo l'assassinio nell'ottobre 2022 di Vittorio Boiocchi, il leader storico della Nord. «Gli Hammer dopo la morte di Boiocchi si presentano a casa di Debora e le prendono la cassa della Curva». Il gruppo di Beretta reagisce, lui e Marco Ferdico si presentano a casa del leader degli Hammer, Domenico «Mimmo» Bosa, un neofascista che vanta legami con la criminalità organizzata. Per bilanciare, Beretta e i suoi si portano dietro tale Salvatore, che secondo Ferdico «era uno pesante, di una famiglia calabrese, che poteva fare comunque delle pressioni per farci ridare la cassa». Ma «quando arriviamo sopra vediamo che non aveva la stoffa di quella roba lì», tanto che Bosa fa la voce grossa e insulta impunemente Ferdico. Racconta Beretta: «Entriamo in casa, lì parlo io, ma come cazzo state che avete preso la cassa alla Debora della Curva?, loro siamo noi i naturali successori perché Vittorio ci aveva detto che dovevamo essere noi gli eredi a portare avanti». Lo scontro è frontale, Beretta se ne va con il suo socio Marco Ferdico: «Io gli dico, guarda che qua finirà che ci andremo ad ammazzare di botte con gli Hammer, prepara tutti i nostri ragazzi di stare pronti che magari durante una partita andiamo a scontrarci con questi qua».
È Ferdico, dice Beretta, che «non è uno improntato allo scontro», a dire «ci ho un'altra carta da giocarmi... guarda che c'è questo personaggio, viene su questo ragazzo che ci aiuterà a risolvere». E il «ragazzo» è Bellocco, il rampollo dei clan.
Beretta e Bellocco si incontrano per la prima volta in una pizzeria di Carugate, «mi dà la sensazione di essere un po' più operativo di quell'altro». E decidono di tornare da Mimmo Bosa, «lui mi dice, adesso quando andremo a casa di questo qua tu devi dire che ci conosciamo da tanto tempo». Io, dice Beretta, gli «ho descritto che Bosa era il capo di questa frangia politica che erano gli Hammerskin, che era ai domiciliari per robe di estorsione, che aveva fatto la galera». Bosa, dice, si vantava «che durante la carcerazione aveva conosciuti tantissimi personaggi di queste famiglie, che lui poteva chiamare tutte queste persone che aveva conosciuto (...) mi ricordo che aveva fatto anche il nome dei De Stefano, dei Mancuso, dei Morabito che aveva conosciuto in casanza (in carcere, ndr)». Il nuovo incontro con Bosa è tempestoso, «io tiro un pugno sul tavolo mi arrabbio con gli Hammer, l'odio che c'ho io è sempre nei confronti loro, perché nelle mie problematiche maggiori ci sono sempre stati loro». Alla fine, grazie alla presenza di Bellocco, gli Hammer devono fare un passo indietro. Ma la contropartita a Bellocco è stata già promessa da Ferdico: l'ingresso nel direttivo della Curva.
Inizialmente Beretta e Bellocco, il milanese e il calabrese, vanno d'amore e d'accordo. Racconta ancora Beretta: «Antonio me l'ha sempre detto che per loro era una roba di prestigio che avessero le mani dentro la Curva Nord, in termini criminali. Le referenze all'interno del contesto delle Curve, è un po' una roba che fa gola a queste associazioni criminali».
Ma poi nascono i dissapori, Bellocco e i suoi non si fidano di come Beretta gestisce la cassa, «io non avevo niente da nascondere, ma questa è gente che non ha mai lavorato, non sa cosa vuol dire lavorare». Beretta capisce: «Mi vogliono stirare». Il 4 settembre scorso, è lui a «stirare» Bellocco.
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