Nel Lazio trenta bambini su cento hanno difficoltà di apprendimento

Duccio Pasqua

Allarme dislessia nel Lazio. Nelle scuole elementari dieci bambini su cento sono dislessici e il problema è diffuso soprattutto tra i maschi. L’annuncio è stato dato durante la conferenza stampa di presentazione del Convegno sui disturbi dell’apprendimento, organizzato a Roma dall’Istituto di Ortofonologia.
Nel Lazio 30 bambini su cento hanno difficoltà di apprendimento. Dieci di loro sono dislessici veri e propri, 10 hanno difficoltà scolastiche legate a un disagio ambientale, scolastico o familiare, 10 sono bambini che, alla fine della seconda elementare, riescono da soli a superare e risolvere le difficoltà. La situazione più critica è stata rilevata a Roma, mentre rientra nella media la statistica relativa alle altre province laziali. Nei casi di dislessia accertata si deve intervenire con le giuste terapie, ma ora è anche possibile prevenire. È necessario, però, che famiglia e scuola smettano di nascondersi dietro l’alibi della causa genetica. «Spesso si arriva con troppa facilità alla diagnosi di dislessia - dicono Federico Bianchi di Castelbianco e Magda Di Renzo dell’Istituto di Ortofonologia di Roma - ma la grande discordanza, oggi, è tra chi ipotizza che alla base ci sia una causa genetica o comunque biologica e chi, come noi, attribuisce fondamentalmente a una non adeguata maturità affettiva l’insufficiente espansione dell’organizzazione del pensiero complesso».
Secondo Bianchi di Castelbianco i bambini con dislessia spesso hanno alle spalle famiglie molto presenti, che li sovraccaricano di stimoli e attenzioni. Una situazione stressante, che non lascia il tempo di gestire queste stesse informazioni. Fondamentale è anche il ruolo della scuola dell’infanzia, spesso trascurata da chi ritiene che i bambini possano accedere direttamente alla scuola elementare. È importante che il distacco dalla famiglia, che aiuta il processo di indipendenza e di maturazione, avvenga in modo graduale. Se però il bambino viene sottoposto a un bombardamento di nozioni e di informazioni anche alla scuola materna, la sua disorganizzazione mentale aumenta e si radicalizza. Non è quindi consigliabile sottoporre i piccoli a lunghe sedute di «prescrittura» e «prelettura» senza preoccuparsi della loro maturità interiore.
«I bambini con diagnosi di dislessia - spiegano ancora Bianchi di Castelbianco e la Di Renzo - vanno subito aiutati. Per bloccare la diffusione del problema la scuola deve ritrovare il suo ruolo pedagogico a partire dalla materna, rivedendo i programmi e avendo come obiettivo la crescita del bambino. Bisogna far acquisire strumenti che preparino il bambino alla scuola elementare, senza anticiparne i programmi».
Il consiglio è di non demonizzare il disturbo della lettura e della scrittura già in prima elementare.

Il bambino deve avere i suoi tempi e deve essere libero di compiere errori e affrontare difficoltà; bisogna dargli fiducia, stargli vicino e non pretendere troppo, intervenendo solo se in seconda elementare i disturbi dell’apprendimento continuano a manifestarsi.

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