«An nel Ppe in barba al no di Martens» Matteoli: «La sua bocciatura è anacronistica. Siamo europeisti di provata fede, il nostro cammino proseguirà»

Roberto Scafuri

da Roma

Presidente Altero Matteoli, Wilfried Martens ha detto di «no» all’ingresso di An nel Ppe. Una «bocciatura» che lei continua a non capire.
«Mi sa che è lui che non ha capito o non ha voluto capire».
Ha chiuso a chiave il Ppe.
«Già. Non mi pare il massimo, per un politico, che dovrebbe sempre cercare di aumentare gli adepti. Martens invece persegue il “numero chiuso”. Bah! La sua presa di posizione mi sembra estemporanea...».
Se Martens non ne vuol sapere, magari c’è lo zampino di qualche collega italiano.
«Lo confesso. Il mio primo pensiero è stato quello. Ne ho parlato pure con Fini. Poi però ho fatto due riflessioni... La prima è che Forza Italia ha tutto l’interesse a vederci nel Ppe: Berlusconi l’ha sempre detto e agito di conseguenza...».
Mi lasci indovinare la seconda: prima di parlare, Martens aveva appena visto Casini.
«In tutti gli atti e in tutte le prese di posizione ufficiali gli uomini dell’Udc hanno detto chiaramente che gradivano l’ingresso di An nel Ppe...».
Tutti tutti?
«No, non mi nascondo dietro un dito. Ho un ottimo rapporto personale con il senatore Buttiglione e non ho paura di litigarci. Però lui un giorno dichiara alla stampa una cosa, il giorno dopo un’altra e il terzo un’altra ancora. Posso invece testimoniare che la sua contrarietà pubblica non corrisponde al pensiero che esprime parlando con me a quattr’occhi».
Martens è più di centrosinistra: non ci sarà entrato anche lo zampino di Mastella?
«Mastella è un politico di lunga esperienza, lo zampino lo mette dappertutto».
Quindi fa paura la possibile concorrenza ai centristi?
«Tendo a escluderlo: se dopo 12 anni di stretta collaborazione tra di noi, al governo e all’opposizione, fossimo ancora alla paura della concorrenza reciproca... allora è meglio che governi il centrosinistra».
Resta il fatto di un’opinione di Martens «personale» e un po’ anacronistica, che vi mette i bastoni fra le ruote.
«Anacronistica, sì, ma legittima. In ogni caso nessun organismo del Ppe si è pronunciato sul merito, e per noi non cambia nulla. Continueremo per la nostra strada. La decisione è stata presa: com’è scritto nel documento dell’ultima Assemblea nazionale, dalla prossima legislatura europea l’approdo al Ppe sarà la prospettiva e il nostro orizzonte. Siamo europeisti di provata fede, intendiamo concorrere alla costruzione dell’Europa da protagonisti, nella casa comune delle forze popolari e nazionali...».
Non vi fa male sentirvi ancora giudicati e sotto osservazione?
«Avremo pure fatto qualche errore, ma a noi non si può più chiedere nulla: siamo un partito di centrodestra, che fallirebbe se abbandonasse la destra a se stessa. E, viste le dimensioni, abbiamo anche il diritto di rivolgerci a tutto l’elettorato... Diceva il compianto Beppe Niccolai della nostra gioventù che farsi del male serve a crescere e a maturare. La nostra scelta è stata sofferta, però rifarei tutto. Non si torna indietro: qualcuno ancora non ha capito e sarebbe utile se la smettessimo di pensare a spallate e a prendercela con i senatori a vita...».
C’è anche la strada del partito unico con Forza Italia.
«È un momento anomalo, nel quale la politica è debole, come si vede anche dal processo di unificazione nel centrosinistra che non cammina... Ciò non toglie che abbiamo l’obbligo di provarci, per dare stabilità al sistema bipolare».
E se fosse vero che Berlusconi pensa di riservare per sé il ruolo di allenatore, lasciando a Fini quello di capitano?...
«Tutto può accadere, però sempre con Berlusconi e mai contro di lui. Mi piacerebbe... ma la verità è che non ci riconosco Berlusconi... In una squadra unica, credo che Berlusconi comunque riserverebbe per sé i ruoli di allenatore, presidente, capitano e, con le quote rosa, anche massaggiatore».
Resta da capire in che cosa vi differenziate dal Ppe.
«Questo lo domanderei io volentieri a Martens».


Forse vi nuoce un po’ il fatto di essere un partito meno confessionale dell’Udc.
«Mi costringe a rispondere da toscano: grazie a Dio! La politica va tenuta ben distinta dalla fede, sarebbe un errore madornale nel quale spero che il mio partito non cada mai».

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