Ma nemmeno questo corteo riesce a unire i nostri politici

Piazza Navona è grande. Ma non abbastanza da eclissare l’effetto comico di una protesta, quella dei partiti ieri contro la mancata estradizione di Cesare Battisti, da divisi alla meta, specchio del resto delle mosse degli ultimi giorni. Un gruppo di qua, uno di là, quelli che arrivano dopo, gli altri che se ne vanno prima, alla faccia dell’unione che magari a volte sa di inciucio, sì, ma ogni tanto farebbe pure la forza. E invece. Se la politica romana s’è mossa in ordine sparso, quella milanese è finita pure in rissa, con Pdl e Lega a contendersi la palma dei più duri e puri contestatori di Lula.
Davanti all’ambasciata del Brasile nella Capitale, gli ultimi ad arrivare sono stati quelli della Destra di Storace, che si son palesati alle 18.30 con i militanti di Gioventù Italiana. I primi erano stati Pdl, Udc e Movimento per l’Italia di Daniela Santanchè, che si son presentatati verso le 16 senza simboli di partito o bandiere. Quanto al Pd, il partito fondato da Walter Veltroni non ha smentito l’ormai classica strategia del manifestiamo ma anche no, ed è sceso in piazza con una delegazione senza big, che comunque, per non mischiarsi con quella gentaglia che accompagnava Alberto Torregiani, si è presentata in piazza Navona mentre stava già terminando la manifestazione precedente. In mezzo eccoti spuntare l’Idv, con un Antonio Di Pietro che s’è prodotto nell’unico segnale di unità della giornata, stringendo la mano alla Santanchè.
Manifestazioni separate, con l’aggravante dello scambio di accuse, anche a Milano, dove la Lega s’è presa la briga di annotare una certa carenza di dissenso da parte del Pdl, e il Pdl ha rispedito le accuse al mittente, accusando gli alleati di aver semmai copiato un’iniziativa, quella del presidio, cui nemmeno avevano pensato, e per di più anticipando i tempi. Il Carroccio, in corso Europa davanti al consolato ci è arrivato prima di mezzogiorno, bandiere e foulard e cori di «Vergogna!» e striscioni all’urlo di: «Lula matou-os una segunda vez», «Lula li ha uccisi una seconda volta»). Solo che già che era lì che protestava, il presidente del consiglio regionale Davide Boni s’è preso la briga di lanciare il boicottaggio dei prodotti brasiliani, nel contempo invitando il governatore Roberto Formigoni a «prendere posizione, perché è troppo facile parlare di pietas cristiana quando sono gli altri a morire per le strade». Lui, Formigoni, ieri si è limitato a far sapere di aver scritto nei giorni scorsi una lettera al neo eletto presidente del Brasile, Dilma Vana Rousseff, in cui rivolge l’invito «perché Cesare Battisti sia riconsegnato all’Italia».

A rispondere a Boni ci ha pensato il capogruppo Pdl in Regione, Paolo Valentini: «Boni non faccia il primo della classe» lo ha gentilmente pregato, subito prima di rincarare: «Ma forse è nervoso perché il Pdl è stato il primo a convocare un presidio: alla Lega l’idea non era neppure venuta, anche se poi l’ha copiata spudoratamente e con scorrettezza ha anticipato l’orario». Intanto, Battisti resta dov’è.

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