«Neppure il governo egiziano riconosce la scuola islamica»

Simini invita ancora i genitori di via Quaranta a mandare i figli alle pubbliche: «Per ora non c’è altra strada»

Augusto Pozzoli

«La scuola pubblica è una grande opportunità: lì devono frequentare le lezioni i figli degli egiziani islamici, per noi non c’è alternativa praticabile».
È la posizione espressa ieri dall’assessore comunale all’educazione Bruno Simini per fare il punto sulla situazione della scuola di via Quaranta. «Ho appena incontrato a Roma l’ambasciatore egiziano – ha ricordato l’assessore – che mi ha detto che quella scuola non ha alcun riconoscimento da parte del suo governo, quindi non esiste. La soluzione del caso va riportata alla normalità: nelle scuole milanesi ci sono già 4.600 islamici, 1.600 dei quali egiziani. Non vedo perché così non debbano fare anche gli ultimi 400 che continuano a protestare davanti alla scuola chiusa». Simini ha quindi sottolineato il fatto che allo stato attuale non esistono altre possibilità: «Anche l’ipotesi della scuola paritaria è una prospettiva difficile tuttora da perseguire, ma che potrebbe essere una soluzione fra qualche anno. Ora gli egiziani devono capire che non c’è altro, e che il Comune non potrà mai concedere una nuova sede se prima non si realizza un’attività che abbia l’approvazione del ministero». E i 400 bambini che tuttora non frequentano? Bruno Simini si dice interessato culturalmente al fatto, ma che il Comune ha una sola competenza: denunciare chi non assolve all’obbligo scolastico. «Oggi la questione ha solo due soggetti che devono interloquire: i genitori egiziani e la scuola statale. Si sta facendo il possibile per garantire a tutti questi allievi anche l’insegnamento della lingua araba. Mi pare una proposta che non si debba rifiutare».
L’assessore ha poi sottolineato di essere contrario anche al fatto che questi genitori facciano ricorso a una regola peraltro prevista dalla legge: la dichiarazione di educazione paterna. «Questa è una norma che andrebbe rivista – continua Simini –. Il legislatore l’ha prevista per casi del tutto eccezionali, per situazioni in cui un genitore è effettivamente impedito a far frequentare una scuola. In questo caso l’urgenza non c’è, e poi non capisco come si possa continuare a invocare una norma che oltretutto prevede una effettiva partecipazione a un’attività didattica in grado di far sostenere ogni anno l’esame di idoneità».
Bruno Simini ha quindi invitato anche le opposizioni in consiglio comunale a incoraggiare i genitori egiziani nell’interesse loro e dei loro figli a rivolgersi alla scuola statale.

Le resistenze tuttavia restano: per questo al tavolo tecnico voluto dal prefetto si sta elaborando una strategia che porti almeno una parte degli alunni ora senza studi ad accettare una soluzione di compromesso: l’apertura di qualche classe di alunni delle medie in scuole statali e l’apertura di un nuovo spazio agibile per quelli delle elementari per un’attività meramente privata in attesa di sostenere gli esami di idoneità a fine anno. Anche queste però sono prospettive ancora da mettere a punto.

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