"Nessuno ascolterà il presidente e nel Pd manca solo mago Zurlì"

"Nessuno ascolterà il presidente e nel Pd manca solo mago Zurlì"

Tutti quelli che frequentano il suo celeberrimo Bestiario - ogni domenica sul Riformista - hanno imparato a conoscerlo: un po’ saggio, un po’ disincantato, molto anticonformista. E quindi anche ieri Giampaolo Pansa stupiva i suoi lettori. Se non altro perché da un lato auspicava che l’appello di Giorgio Napolitano per una ritrovata concordia nazionale venisse accolto. Ma dall’altro valutava che le possibilità che questo accadesse fossero labili. Così, se intervisti il più famoso giornalista italiano - in classifica anche d'estate con il suo saggio autobiografico, Il revisionista (Rizzoli) - Pansa ti spiega perché continua a essere combattuto tra l’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione.
Scusi Pansa, come interpreta il messaggio di Napolitano?
«Non serve un quirinalista, per capirlo. Secondo Napolitano servono un clima più disteso e un dialogo più civile fra i poli. In un parola: la politica dovrebbe smettere di essere fatta con il coltello in mano».
Lei condivide?
«Al cento per cento. Peccato che non lo accoglierà nessuno».
È sicuro?
«Senta, già ieri ho sentito Di Pietro declinare l’appello e rispedirlo al mittente. Non credo che il Pd si distinguerà».
E Di Pietro sbaglia?
«Dal suo punto di vista può dire quel che gli pare. Ma io mi chiedo una cosa diversa: e cioè se questo convenga anche al Paese».
All'opposizione forse non conviene sotterrare l'ascia di guerra con il Cavaliere. Prenda il Pd.
«Forse proprio al Pd converrebbe».
In che senso?
«Lo vedo in un tale stato di crisi».
Lei si riferisce all’arresto del segretario del circolo del Torrino, accusato di stupro?
«Premessa. Non sono un poliziotto, quindi scriva che per me il signor Luca Bianchini fino al processo resta un “presunto” stupratore. Però».
Però cosa?
«Leggendo cosa dicono i suoi compagni di partito e i dirigenti che lo hanno conosciuto esce fuori un quadro sconcertante».
E cioè?
«Che nel Pd accettano tra i loro dirigenti persone di cui non sanno nulla. E questo non mi pare un buon segno».
Cosa dovrebbe dire Franceschini?
«Aspetto di sentire cosa dirà. Ma non lo invidio affatto».
Non sarà che ha tentazioni forcaiole anche lei, Pansa?
«Al contrario. Sono il liberale più quieto di questo mondo. Ma il fatto che un dirigente di partito sia accusato di essere uno stupratore seriale evoca la categoria del buonsenso, piuttosto che quella del giustizialismo».
E intanto si candida Beppe Grillo.
«Ah, ah, ah».
Scusi Pansa, lei sta ridendo?
«E che dovrei fare? Mi sono messo a ridere, ovviamente».
Non prende sul serio Grillo?
«Come comico, certo. Ma come leader, se permette, no. Manca solo la candidatura del mago Zurlì, alle primarie, e siamo a posto».
Poi magari se il Pd dice di no a Grillo lo criticate.
«Non io. Anzi, è ancora una volta il buonsenso che dovrebbe suggerire di non accoglierlo, non trova?».
Quindi dovrebbero rischiare l'accusa di antidemocrazia e rifiutarlo?
«Senza dubbio».
Torniamo a quella che lei definisce la bassa intensità di conflitto. Cosa la impedisce?
«Il fatto che i partiti ritengano più utile confliggere. E poi c'è la scelta del gruppo Espresso».
Ahi! Adesso si dirà che lei ha il dente avvelenato dell'ex.
«Direi che sono io a stupirmi di questa domanda».
Perché?
«Le pare che io possa avere rancori con un gruppo che mi ha dato da vivere dal 1977 al 2008? Sarei folle. Se una cosa mi salva, anche ora che sono un vecchio signore, è che io ho una visione comica della vita».
Vuol dire che non prova rancori?
«Non conosco rancori: men che meno per La Repubblica. Tutt’al più la noia. Ma faccio un’analisi da lettore del quotidiano di largo Fochetti».
E la sua analisi cosa dice?
«Che il direttore della Repubblica ha ingaggiato una guerra. E l'obiettivo di questa guerra sono le dimissioni del Cavaliere».
Lei usa addirittura la parola guerra.
«Certo. L’obiettivo sono le dimissioni. Ed è la campagna più importante ingaggiata da quel giornale dal 1976 a oggi».
Un giornale può darsi un obiettivo come questo?
«Per carità, tutto legittimo».
Se «La Repubblica» vince Berlusconi si dimette?
«Mi pare ovvio».
E se «La Repubblica» perde si dimette Mauro?
«Questo lo decide il suo editore».
Ma Berlusconi cosa dovrebbe fare?
«Spero che su questo giornale si possa dirlo».
Ci provi.
«Dovrebbe attaccare meno i giornali. Non dovrebbe mai ripetere inviti, come quello fatto agli imprenditori, a non comprare pubblicità sui giornali che lo criticano».
Conoscendolo pare difficile.
«Basterebbe che facesse come certi grandi capi Dc, che continuavano a sorridere dopo i peggiori insulti».
Lo dice lei che ha inventato la balena bianca!
«Come vede sono ancora vivo e vegeto».
Lei che domanda farebbe al Cavaliere?
«Solo lui sa che cosa è accaduto a villa Certosa e a Palazzo Grazioli. Mi piacerebbe che me lo raccontasse».
E invece cosa accadrà?
«Se lo può scrivere, il pronostico di un vecchio cronista è questo: merda con il ventilatore. Continueremo a leggerne di tutti i colori».
E l’appello di Napolitano?
«Si risolverà, purtroppo, con un buco nell'acqua. A meno che... ».
Cosa?
«C’è un solo fattore che può cambiare i termini della partita».
Quale?
«La crisi.

Se come temo, si prepara un terremoto, le escort, le foto di Zappadu e le torte, diventeranno dei pallidi ricordi».
Lo dice da pessimista cronico?
«No. Lo dico, ancora una volta, da testardo uomo di buonsenso».

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