Niente nomi nel bollettino parrocchiale

Ha cominciato dalla fine: i morti. Nel senso che, invocando il diritto alla privacy, la cosiddetta Autorità Garante ha decretato l’altolà alla diffusione, a mezzo stampa o simili, dell’elenco dei trapassati. Indebita ingerenza negli affari privati, ancorché defunti: questa, in sostanza, la motivazione del provvedimento. A protezione, si era detto allora, del soggetto interessato (anche se non più tanto interessato per via del naturale distacco dalle cose terrene). Da quel momento i morti sono spariti dalla carta stampata, con grande dispiacere di quei viventi che vogliono tenersi sempre aggiornati sulla partecipazione alle esequie (degli altri). Subito dopo, è venuto il momento degli ultimi arrivati: i neonati. Loro sì, più interessati alle cose terrene, soprattutto di stampo alimentare, meno, molto meno alla tutela della privacy, vista l’ampia propensione a esibire le necessità fisiologiche elementari in piazza o in grembo al malcapitato di turno. Ma tant’è, l’Autorità Garante (doppia maiuscola, mi raccomando) ha voluto provvedere a tutelare anche loro. Risultato: sono spariti anche i nomi dei pargoletti, a meno che non fossero i genitori a comunicarli direttamente ai giornali, consentendone (o meglio: sollecitandone) la pubblicazione. In compenso, in tutti questi tempi, chiunque ha avuto libero accesso alle intercettazioni telefoniche riservate, considerate di dominio pubblico per gentile intercessione di innumerevoli «gole profonde» coperte da segreto di Stato. Ma questo è tutto un altro discorso, che non riguarda la privacy, se mai il reality. Si pensava che, così, si fosse toccato il punto più alto (o più basso) della tutela del «privato»: niente nomi di morti e nati, solo indiscrezioni sui furbetti del quartierino. E invece... Ecco che - riferiscono le cronache di ieri - la scure della legge sulla privacy cala anche sui bollettini parrocchiali. Che non possono più pubblicare i nomi dei battezzati, dei ragazzi che hanno ricevuto i sacramenti, degli sposi e, manco a dirlo, dei defunti. Lo ha confessato, fuori dal confessionale, don Gianluigi Caneto, parroco di Calice e Carbuta, due piccoli centri dell’entroterra savonese, nell’ultimo numero del bollettino «Comunità in cammino». Scrive il prevosto, come atto di contrizione: «Una delle più attese rubriche del bollettino, l’anagrafe parrocchiale, dev’essere sospesa. La legge sulla privacy vieta le pubblicazioni di dati che possano far conoscere l’appartenenza religiosa di una persona. Gli elenchi che il nostro bollettino pubblicava diventano illegali, e si configurano come vero e proprio reato punibile a norma di legge». I lettori del bollettino parrocchiale di Calice e Carbuta - ma ora, attenzione, anche del resto dello Stivale! - dovranno accontentarsi di semplici cifre.

Tipo: «Nella parrocchia di San Nicolò, nel corso del 2006, i battesimi sono stati 13, le prime Comunioni 22 e le Cresime 6. Celebrati 14 funerali». Tutti rigorosamente anonimi.
Così, almeno, si può mandare il morto in Paradiso, e l’Autorità Garante all’Inferno.

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