Si chiama Paolo Fabri ed è nipote di Anna Maria Colleoni. È architetto, ha 52 anni e possiede un bel negozio di design nel centro di Bergamo. Ma non ha una casa a Montecarlo. Quella, come noto, è finita col resto dell’eredità ad An.
Dica la verità, ce l’ha con sua zia?
«Certo che no. Anzi, se c’è una cosa che tengo a sottolineare è il valore della sua scelta. Era un’idealista, e ha lasciato i suoi beni al suo partito perché voleva che quel patrimonio servisse a qualcosa in cui credeva».
E «il partito», secondo lei, ne ha fatto buon uso?
«Non punto indici, ma è giusto rimarcare come quel patrimonio sia stato donato per una causa. Per uno scopo chiaro, che non mi sembra sia stato perseguito».
Insomma, An ha tradito lo spirito di quell’eredità?
«Io so quello che leggo sui giornali. Non posso dire quanto valeva la casa a Montecarlo, o che gioco si è giocato sui terreni a Monterotondo, da agricoli divenuti edificabili. Ma se ciò che leggo è vero, beh, direi che quell’eredità non è servita allo scopo al quale mia zia l’aveva vincolata, almeno moralmente».
E giuridicamente? Non pensa di riaprire la questione?
«Non escludo niente, nemmeno il ricorso alle carte bollate. Anche se An nel 2000 fece cancellare la norma del codice civile che prevedeva l’impossibilità per le associazioni non riconosciute di ereditare beni. Chissà che non scompaiano anche gli articoli 647 e 648, quelli sul rispetto dell’onere. Per ora sto alla finestra, voglio vedere come evolve questa situazione. Certo, la vicenda della casa di Montecarlo fa pensare».
Pensare come, male?
«Beh, le dichiarazioni che ho letto in questi giorni sono sorprendenti, quasi come se ricevere quell’appartamento fosse più un peso che un vantaggio».
A giudicare dal prezzo...
«Ma non era un rudere. C’era stata due mesi prima di morire. Tutt’al più avrà lasciato in disordine, sperando di tornarci per l’estate, non immaginava che sarebbe morta».
Lei c’è mai stato in quella casa?
«No, per un pelo. Nel 1997 Anna Maria invitò me e mia moglie a Montecarlo, ma all’ultimo momento la nostra partenza saltò».
Ora ci vive, in affitto, il fratello della compagna di Fini.
«Ho letto che dicono sia solo una coincidenza. Di certo molto sorprendente. Ma a me preme più ricordare che gran donna era mia zia. E far rispettare la sua ultima volontà è il miglior modo di farlo».
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