«No a testi blindati Guai a chi tocca lo Stato sociale»

Il presidente dei senatori di Rifondazione comunista: «Meno soldi per ridurre il debito, più per garantire il welfare»

Roberto Scafuri

da Roma

Il sindacato di riferimento appare un po’ imballato, tra il movimentismo della Cisl e la fermezza dei Ds. «Ma sono sicuro che la Cgil, assieme agli altri sindacati, alla fine si terrà su una posizione molto avanzata...», pronostica il capo dei senatori di Rifondazione, Giovanni Russo Spena. Di scioperi e iniziative di protesta non se ne parla: Rifondazione svolge il suo ruolo di cerniera con zelo e fermezza. Lo si è visto ieri durante l’incontro dei capigruppo parlamentari con Prodi e Padoa-Schioppa. A un certo punto il premier si è spazientito, perché a riunione in corso sulle agenzie già circolavano dichiarazioni di dissenso del capo dei senatori di Prc.
Ha fatto irritare il premier, presidente. Come si giustifica?
«Mah, non mi pare che il dibattito fosse segreto... D’altronde i giornalisti fanno il loro mestiere e qualcuno ha carpito ciò che dicevo al telefono fuori riunione... Non mi sembra un fatto rilevante, la trasparenza è democrazia...».
La relazione del premier non le era proprio piaciuta.
«No, e l’ho detto. Mi è sembrata chiusa e blindata, mentre il metodo del confronto, anche aspro, ci può portare a trovare le soluzioni condivise che auspichiamo».
Insistete sul metodo, giudicandolo sbagliato.
«La relazione di Prodi tendeva a dare per scontato ciò che non lo è, tanto nei numeri quanto nei famosi “quattro pilastri” indicati da Padoa-Schioppa. Invece noi pensiamo che occorra partire da quanto è scritto nel programma aggiornandolo con i nuovi dati economici, migliori delle previsioni del Dpef».
Pessimismo che può far comodo.
«Già, se si pensa che i dati del recupero dell’elusione e dell’evasione fiscale, il doppio di quanto previsto nel Dpef, si stanno stabilizzando intorno al 12 per cento in più delle entrate previste. Sommato alla situazione di ripresa economica, mi pare che possa permetterci di non toccare le pensioni e le tutele sociali...».
Il che manda sottosopra lo schema di Padoa-Schioppa.
«Più precisamente, lo ribalta. È quanto proponiamo: invece di 14 miliardi di euro per la spesa sociale e 16 per la riduzione del debito, l’inverso. Non voglio riaprire la polemica sulla “spalmatura” del debito in due anni, cosa fatta da Francia e Germania senza alcuno scandalo, ma insisto: il miglioramento dell’economia dovrebbe indurci a tener conto che la gente ci ha votato proprio per questo».
Si rischia di tagliare il tavolo sul quale siamo seduti, è la metafora che ha usato.
«Lo verifico ogni sera, nei dibattiti alle feste: il popolo dei nostri elettori ci chiede di non far cadere il governo e di non mollare. Non possiamo venir meno all’impegno di difendere condizioni di vita e di retribuzione già basse».
Ergo: addio rigore.
«Tutt’altro: il rigore ci vuole. Però la nostra missione è di conciliarlo con l’equità e la difesa delle categorie deboli».
Occorrono controproposte.
«Martedì prossimo abbiamo organizzato un confronto con economisti di rilievo, e non solo di area, proprio per metterle a punto».
Prodi chiede emendamenti «leggeri» alla Finanziaria.
«Vanno scongiurati quegli stupidi assalti alla diligenza, corporativi e settoriali, che fanno perdere di spessore e incisività: il mio impegno a “filtrare” gli emendamenti è pieno».
Il premier parla di «catena di comando».


«Forse il clima delle missioni in Medioriente fa usare espressioni improprie che io eviterei. Ma una “cabina di regia” può essere una buona idea, se di qui al 26 settembre si imbocca la strada del confronto, con i sindacati e gli enti locali, per migliorare la Finanziaria e farla diventare condivisa».

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