Non è mobbing tirare in faccia lo stipendio

Piero Pizzillo

Non costituisce mobbing ricevere lo stipendio in un sacco di plastica contenente 15 chili di monetine da 1, 5 e 20 centesimi di euro, oppure vedersi lanciare lo stipendio sulla scrivania, da parte del datore di lavoro. Due soli episodi, «biasimevoli e disdicevoli» non integrano i presupposti per fare del dipendente un mobbizzato. Lo ha stabilito la sezione lavoro della corte d’appello presieduta da Giovanni Russo, nel respingere il ricorso presentato da una impiegata della Fantasyland di Ventimiglia, contro la sentenza del tribunale di Sanremo, che, istruendo la causa in primo istanza, aveva accertato che «non vi era stato quell’atteggiamento sistematicamente e ripetutamente ostile che può configurare il mobbing». Dalle testimonianze dei colleghi di lavoro tutt’al più era emerso che tra le parti vi era un clima poco sereno. I giudici d’appello, confermando la prima sentenza, hanno accolto sostanzialmente la tesi della società, secondo la quale il mobbing richiede una pluralità di comportamenti, che in questo caso non sono stati provati.

L’impiegata, che aveva chiesto il risarcimento sia del danno biologico che quello alla vita di relazione, aveva detto d’aver sofferto disturbi fisici e psichici, come vomito, violente emicranie, insonnie, incubi notturni, crisi di pianto e di panico.

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