Non paga il conto troppo salato e il magistrato gli dà ragione

Ristoratore troppo esoso: per sei persone aveva chiesto 308 euro

Non paga il conto troppo salato  e il magistrato gli dà ragione

Marina Sirtori

da Genova

Nessuno è in grado di dire se in effetti quel giorno, a mezzogiorno, nei primi piatti, nei secondi, e magari nel dessert serviti al ristorante c'era del sale di troppo. Di sicuro troppo salato, e qui dubbi non ce ne sono, è risultato il conto finale. O almeno così è sembrato al cliente che è rimasto lì, ricevuta in mano, a calcolare cosa mai avevano consumato lui e i suoi amici per spendere per un pasto la bellezza di 308 euro.
«Insomma, io questo conto non lo pago!» ha sentenziato sventolando l'innocente ma «salato» foglietto. Tira e molla che tira e molla, il ristoratore chiama il l13, arriva la polizia e ci scappa una bella denuncia per insolvenza fraudolenta nel confronti del cliente recalcitrante. Ma il conto del ristorante alla fine chi l'ha pagato? Nessuno, e nessuno a quanto pare lo pagherà mai dal momento che proprio ieri il Tribunale di Genova ha mandato assolto con formula piena il cliente imputato. Il giudice, Federico Mazza, ha infatti ritenuto di non accogliere la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero a tre mesi di reclusione e al pagamento di una multa di trecento euro (quasi quanto il conto non pagato).
Ma vediamo i fatti che vedono in primo piano un calabrese di quarantasei anni residente a Genova . Nell'aprile del 2005 il nostro protagonista decide di regalare a sé e a cinque suoi amici, sei persone in totale, una bella mangiata al ristorante. Dopo qualche consultazione, per togliere qualche sfizio a sé e all’allegra brigata, la scelta alla fine cade su un locale tipico di Pegli, ad ovest della città. E lì via con le ordinazioni in un pranzo che, a quanto pare è all’altezza delle aspettative, in tutto fuorché in un punto: il conto.
Al momento di pagare, infatti, il calabrese mette a fuoco la cifra sulla ricevuta fiscale. La mette bene a fuoco, ma subito strabuzza gli occhi. A suo ben vedere, infatti, 308 euro sono troppo per quello che hanno mangiato e, naturalmente, anche bevuto in sei! E con il conto «salato» l’atmosfera si arroventa. Subito va dal titolare per spiegargli che il prezzo non va bene, è troppo alto. Ragion per cui lui il conto non lo pagherà, anche se i soldi in tasca ce li ha, non lo pagherà solo perché il totale è esagerato. Anzi, per maggior chiarezza il cliente mostra le banconote al ristoratore, dieci pezzi da cinquanta euro uno sull’altro. Ma no, i soldi è deciso a non darglieli per niente.
Siccome la pazienza ha un limite, tocca al proprietario del locale fare la mossa successiva, che è quella di afferrare il telefono e chiamare la polizia. Gli agenti arrivano e ci scappa una sacrosanta denuncia per insolvenza fraudolenta a carico del cliente che, tra l’altro, ha anche a suo carico «una recidiva specifica». Ma se il ristoratore sperava quantomeno di vedere il conto pagato in sede processuale, le sue aspettative sono andate deluse. Il giudice infatti ha deciso di assolvere l'imputato, difeso dai legali genovesi Roberta Barbanera e Federico Ricci, con formula piena. Perché «il fatto non costituisce reato». Semmai è una questione da trattare con un suo collega.

Quindi, ora, se il ristoratore vorrà recuperare i suoi soldi, dovrà ricorrere a un decreto ingiuntivo, in sede civile, con ulteriore spesa per un legale e per la pratica di rito. E se invece andassero tutti insieme a festeggiare al ristorante?

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