Nucleare, l’Iran chiede tempo La Rice: «Ci prendono in giro»

Teheran rispolvera vecchie proposte di compromesso e intanto confida in Russia e Cina per evitare sanzioni

Gian Micalessin

da Teheran

Sarà leggerezza, sarà eccesso di confidenza, ma qui è come se non fosse successo nulla. Del resto, a dar retta alla versione ufficiale iraniana, il rapporto del direttore dell'Aiea (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) Mohammad El Baradei non era neppure negativo. Il gioco può dunque continuare. Il via alle danze spetta al portavoce del ministero degli esteri Mohammed Reza Asefi. La solfa è la solita e nasconde il tentativo, neppure discreto, di scrollarsi di dosso la minaccia delle sanzioni. «Siamo pronti al dialogo , se il caso tornerà nelle mani dell'Aiea offriremo la massima cooperazione», chiosa Reza Asefi. La proposta omette di ricordare che fu proprio la reticenza iraniana a far scendere in campo il Consiglio di sicurezza. A farlo notare, da oltreoceano, ci pensa una stizzita Condoleezza Rice. «Hanno avuto un sacco di tempo per collaborare: ora ci stanno prendendo in giro. La credibilità internazionale è a rischio - ricorda il segretario di Stato -: dobbiamo decidere se permettere all'Iran di sfidarci o se costringerlo ad obbedire».
Reza Asefi intanto ha già sfoderato il bastone. «Se adotterete misure radicali - ammonisce -faremo lo stesso. Se sarete ragionevoli lo saremo anche noi, se sarete estremisti ci comporteremo di conseguenza». Poi tira fuori dal congelatore l'abusato piano di Mosca per il trasferimento delle procedure di arricchimento dell'uranio sul suolo russo. «La proposta è ancora sul tavolo, ci riserviamo di esaminarla assieme ad altre proposte e decidere quando e come sia possibile realizzarla». Una via d'uscita, insomma, nel caso la situazione volga al peggio. Ma stando ai calcoli iraniani il punto di non ritorno, l'ultimo bivio tra una trattativa accettabile e il rischio concreto di sanzioni, o peggio, è lontano. Molto più lontano di quel 9 maggio fissato dagli americani per l' incontro a New York dei Cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e di un rappresentante tedesco. L'appuntamento, dovrebbe servire a metter a punto una risoluzione capace d'imporre il dietro front iraniano. Magari ricorrendo a quell'articolo 7 che prevede l'uso della forza. Ma gli iraniani per quella data confidano ancora sui buoni uffici di Cina e Mosca e su un eventuale diritto di veto.
«Non accetteremo imposizioni..e se accentueranno le pressioni rivedremo le nostre relazioni con l'Aiea, la decisione spetta a loro - ammonisce con durezza il supremo negoziatore iraniano Alì Larijani, rivolgendosi agli eccitati studenti di un'università di Teheran -.

Useremo ogni mezzo a disposizione, se ci colpiranno faremo altrettanto, se ci attaccheranno pagheranno il prezzo». Ma alla fine anche lui abbassa i toni e sviolina il consueto spartito. «Il dossier deve tornare all'Aiea, affidarlo al Consiglio di Sicurezza significa la fine di ogni negoziato».

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