Nucleare, l’Iran tiene sulla corda anche Mosca

Annunciata e poi smentita la disponibilità a discutere la proposta del Cremlino di controllare il combustibile iraniano

Gian Micalessin

Per qualcuno è un mezzo accordo. Per altri è soltanto un escamotage per prender tempo ed evitare il deferimento al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Comunque sia, una novità questa volta c'è. Teheran, dopo mesi di rifiuti e sdegnosi voltafaccia, si dice pronta ad esaminare la proposta di Mosca per sbloccare il contenzioso sul nucleare. «La nuova proposta russa può essere studiata per chiarirne i suoi aspetti tecnici, scientifici ed economici e noi siamo pronti a farlo con serietà ed entusiasmo» ha detto ieri Javad Vaidi, numero due del «Consiglio supremo per la sicurezza nazionale». Ma qualche ora dopo parlando alla televisione iraniana il suo capo Alì Larijani già sembrava smentirlo adducendo presunte «ambiguità» della proposta russa.
Mosca, che già fornisce agli iraniani il combustibile nucleare per la centrale di Bushehr, ha studiato una proposta ad hoc per soddisfare sia la volontà iraniana di utilizzare propri laboratori per le procedure iniziali di arricchimento dell'uranio, sia quella della comunità internazionale di controllarne qualità e quantitativi finali. In base al piano la Repubblica islamica potrebbe continuare la trasformazione dell'uranio in gas nei propri laboratori. Il gas verrebbe poi trasferito in uno stabilimento in territorio russo controllato in compartecipazione da Mosca e Teheran. Attraverso questa joint venture economico-scientifica la Russia diventerebbe responsabile di tutti i controlli sul combustibile nucleare. Europa, Stati Uniti e Nazioni Unite avrebbero così la garanzia che il livello di arricchimento ottenuto è solo per usi civili e non militari. «Naturalmente la percentuale della partecipazione iraniana al progetto sarà determinante per valutare l'offerta», ha detto Vaidi.
Il sì condizionato alla proposta e le «ambiguità» citate subito dopo da Larijani rendono estremamente cauti gli osservatori internazionali. Tanto più che ieri Mosca ha smentito perfino che i colloqui con gli iraniani siano avvenuti. La parziale svolta sarebbe arrivata dopo un lungo colloquio telefonico tra Alì Larijani, responsabile di tutti i negoziati sul nucleare, e Igor Ivanov, lo spregiudicato segretario del Consiglio di Sicurezza russo responsabile di tutte le più complesse trattative internazionali. L'entrata in scena di un personaggio come Ivanov è l'elemento che più preoccupa gli esperti europei e statunitensi. Ivanov, secondo alcune versioni, avrebbe fatto capire a Larijani di non poter più bloccare il deferimento di Teheran al Consiglio di Sicurezza dell'Onu in mancanza di un passo indietro iraniano. Un passo da compiere, a tutti i costi, prima del prossimo round di negoziati tra Teheran e i tre «grandi europei» (Londra, Parigi e Berlino) del 18 gennaio.
Il sì condizionato alla proposta russa sarebbe dunque solo il mezzo passo indietro indispensabile per rinviare la procedura di applicazione delle sanzioni Onu.

«L'Iran ha capito che sarebbe estremamente controproducente buttare alle ortiche la proposta russa prima del 18 gennaio - faceva notare ieri un anonimo diplomatico europeo coinvolto nei negoziati sul nucleare -. Probabilmente quel giorno si presenteranno all'appuntamento esibendo una controproposta da indirizzare a Mosca».

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