Nucleare, l’Iran verso il deferimento Onu

Gian Micalessin

Gli iraniani l’avevano promesso e l’hanno fatto. I sigilli dell’impianto nucleare di Natanz sono saltati ieri sotto gli occhi degli impotenti ispettori dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica. La presenza dei notai della proliferazione nucleare era stata richiesta e pretesa dalle stesse autorità iraniane quasi a certificare la limpidezza e la regolarità delle loro azioni. Gli iraniani, in effetti, non hanno infranto alcun divieto. La sospensione d’ogni attività nucleare decisa nell’ottobre del 2003 era un gesto unilaterale. Una dimostrazione di buona volontà per convincere Europa e Stati Uniti ad avviare un negoziato. Con quei sigilli si è dissolta la speranza di riavviare i negoziati condotti da Francia, Germania e Gran Bretagna a nome dell’Ue e d’intesa con Washington. Dopo quella mossa nessuno in Europa e in Occidente può credere alla buona fede iraniana, nessuno è più disposto a prendere per oro colato le assicurazioni di quanti a Teheran ribadiscono di perseguire un progetto nucleare finalizzato esclusivamente alla produzione di energia elettrica.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha parlato di «preoccupanti segnali». Il suo ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier è andato giù ancora più duro ricordando a Teheran che «l’aver superato quella linea non potrà restar senza conseguenze». Per il presidente francese Jacques Chirac gli iraniani commettono un grosso errore se pensano che la comunità internazionale possa ignorare le loro mosse. Ma la reazione più dura è arrivata dalla Casa Bianca. Secondo il portavoce Scott McClellan l’unica scelta possibile è, ora, il deferimento dell’Iran al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per l’imposizione di sanzioni. Anche il direttore generale dell’Aiea, Mohammed El Baradei non sembra più disposto a concedere il beneficio del dubbio. Il premio Nobel per la pace egiziano ha espresso «grave preoccupazione» per la decisione di Teheran ed ha sottolineato la natura poco chiara del programma nucleare iraniano.
La rottura dei sigilli di Natanz consente, in effetti, di rimettere in moto le centrifughe acquistate sul mercato clandestino dagli iraniani. Riversando nelle centrifughe il gas di esafluoruro d’uranio processato nei laboratori di Isfahan, i cui sigilli saltarono per primi ad agosto, l’Iran può produrre semplice combustibile per le centrali nucleari. Ma aumentando il livello di arricchimento può ottenere il materiale fissile impiegato nelle testate nucleari. Dunque se, come sostengono Stati Uniti ed Israele, il vero scopo di Teheran è costruire la bomba atomica la strada d’ora in poi è aperta. I portavoce di Teheran smentiscono però di voler dare il via alle attività di arricchimento dell’uranio. «La ripresa delle attività in quei laboratori riguarda solo la ricerca e nulla di più – sostiene Mohammad Saeedi, capo dell’Organizzazione per l’Energia Atomica – la produzione di combustibile nucleare rimane sospesa».


La portavoce dell’Aiea, Melissa Fleming, confermando la rimozione dei sigilli, ha detto di star ancora attendendo informazioni sulle attività che gli iraniani intendono svolgere nei laboratori appena riaperti. Ma secondo Gregory L. Schulte, rappresentante Usa presso l’Aiea, l’Iran è ormai pronto a procedere verso quelle attività di arricchimento che consentono la produzione del «materiale impiegato nelle armi nucleari».

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