Nucleare, l’Ue rompe i negoziati con l’Iran

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  Nucleare, l’Ue rompe i negoziati con l’Iran

Gian Micalessin

L’era dei negoziati con Teheran è finita. La dichiarazione di morte è stata siglata ieri a Berlino dai ministri degli Esteri di Germania, Francia e Gran Bretagna alla presenza di Javier Solana, capo della politica estera europea, e con la benedizione telefonica del Segretario di Stato americano Condoleezza Rice.
Il problema vero è cosa fare adesso. La soluzione più scontata e prevedibile è già sul tavolo. Da oggi i tre grandi Europei appoggiati dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti premono sui membri dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) per convocare una riunione straordinaria del direttivo e far votare il deferimento al Consiglio di Sicurezza dell’Onu della Repubblica islamica. «In quella riunione si prenderà atto del mancato rispetto da parte dell’Iran dei suoi impegni e si riferirà al Consiglio di Sicurezza», ha spiegato Condoleezza Rice.
«I colloqui sono a un punto morto, a questo punto il Consiglio di Sicurezza deve entrar in scena per far rispettare l’autorità dell’Aiea e le sue risoluzioni», ha dichiarato il ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier al termine del vertice di Berlino.
La carta del Consiglio di Sicurezza e l’arma delle sanzioni non sembrano però sufficienti a fermare l’Iran. Di certo non lo colgono di sorpresa. Teheran ha calcolato attentamente i ritmi della crisi scegliendo i tempi e i modi più opportuni per farla deflagrare. Dopo aver condotto per due anni una pigra trattativa l’ha bloccata ad agosto riprendendo la produzione di esafluoruro di uranio negli stabilimenti di Isfahan. E l’ha fatta definitivamente deragliare riaprendo i laboratori di Natanz, Parsh Trash e Farayand Technique. Stati Uniti ed Europa, decretando la fine dei negoziati finiscono paradossalmente con l’esaudire la volontà iraniana. Nel frattempo la Repubblica islamica si è preparata a un eventuale embargo e ha sviluppato la difesa dei siti nucleari minacciati dai raid americani o israeliani. Il bluff negoziale dell’Iran appare dunque vincente.
Europa e Stati Uniti, oltre a muoversi con due anni e mezzo di ritardo, devono ora superare le ritrosie della comunità internazionale. Per riunire il direttivo Aiea e ottenere il deferimento al Consiglio di Sicurezza dovranno superare i tentativi di rinvio frapposti dalla Cina e dai Paesi “non allineati” guidati dall’India.
L’ostacolo russo sembra, invece, esser stato rimosso. Nonostante le commesse per oltre un miliardo di dollari per la costruzione della centrale atomica di Busher e le cospicue forniture di armamenti, Mosca sembra pronta a rompere con Teheran. «Pur riconoscendo il diritto dell’Iran a sviluppare un programma nucleare controllato dell’Aiea, è impossibile non rilevare la mancanza di logica economica e l’assenza di una vera necessità pratica», ha detto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov sottolineando come questo rinfocoli «il sospetto di un aspetto militare nascosto in quel programma nucleare». Ricordando che Teheran ha messo fine «alla moratoria sull’attività nucleare senza fornire risposte ai seri interrogativi» dell’Aiea, Lavrov ha ammesso la «possibilità di esaminare la questione iraniana a livello di Consiglio di Sicurezza» e ha confermato la partecipazione della Russia al vertice di Londra della prossima settimana che vedrà riuniti Stati Uniti, Unione Europea, Francia, Gran Bretagna e Germania. In quella sorta di pre-vertice dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza allargato, a Berlino si cercherà di disinnescare il veto cinese. Quand’anche questa complessa trattativa diplomatica vada a buon fine, la montagna partorirà un topolino. L’ipotesi di una risoluzione Onu capace di imporre un embargo totale e bloccare le esportazioni del quarto produttore mondiale di greggio è al di fuori da ogni aspettativa. Molto di quel greggio soddisfa oggi il fabbisogno industriale cinese e riuscire a bloccarlo, superando il veto di Pechino, significherebbe provocare una nuova impennata dei prezzi petroliferi. L’unico obbiettivo è dunque un moderato embargo ben lontano da quelli, durissimi, imposti a Libia o Irak.
Non a caso le autorità iraniane continuano a dimostrarsi completamente indifferenti alle mosse occidentali. «Un eventuale rinvio al Consiglio Onu non ci preoccupa per nulla», ha detto Rahmani Fazli, vice segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale.

«La decisione di dotarci della tecnologia nucleare per scopi pacifici è irreversibile – ha aggiunto il ministro degli Esteri Manunchehr Mottaki -: ci battiamo per mantenere i diritti certi, legali e naturali della Nazione iraniana… e non chiediamo permessi a nessuno».

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