Nuovo anno giudiziario: crescono le pendenze nel civile e nel penale

SANTACROCE Il monito del presidente della Corte d’appello: «La riforma della giustizia è imperiosa e non è più rinviabile»

Restituire credibilità al ruolo del giudice, slegandolo dagli interessi politici, e aumentare le risorse a disposizione della magistratura. Sono questi gli imperativi da seguire per snellire i tempi dei processi secondo il presidente della Corte di appello di Roma, Giorgio Santacroce, che ieri ha inaugurato l’anno giudiziario nel Distretto della capitale. Purtroppo sono ancora molti i nodi da sciogliere, il primo legato alla durata dei procedimenti. «Una riforma che portasse a mille novità apprezzabili ma non riuscisse a ridurre i tempi del processo non sarebbe una vera riforma», sottolinea Santacroce.
Aumentano i processi pendenti. La situazione è critica in Tribunale sia nel civile che nel penale. Nel primo erano 123.618 i processi pendenti all’inizio del 2009, diventati 126.184 a fine anno. Nella sezione lavoro, la pendenza finale è stata contenuta. Molto più pesante la situazione nel penale, in particolar modo davanti al tribunale monocratico. Stabili invece i tempi processuali: un anno dall’inizio del dibattimento fino alla sentenza per i procedimenti monocratici, 2 e mezzo per quelli collegiali. Drammatico, infine, il quadro per i procedimenti davanti al gip/gup.
Estese in modo tumorale le cause civili. Questo perché si è registrato un deciso incremento della domanda di giustizia e della durata media dei processi, passata da 921 a 1.197 giorni. Con riferimento ai soli tribunali le cause complessive sono diminuite nell’insieme dei settori, ma al tempo stesso è calato il numero dei procedimenti esauriti che passa da 314.907 a 296.876. Le carenze a livello di risorse economiche e di organico stanno mettendo invece in crisi il settore dei giudici di pace. La categoria si è ammalata degli stessi mali che avrebbe dovuto guarire: la lentezza dei processi e i ritardi nel deposito delle motivazioni delle sentenze.
Mafie dilagano nel Lazio. Secondo i pm, il Sud del Lazio e Roma sono zone in cui la criminalità organizzata investe somme ingenti per acquisire attività economiche, soprattutto in campo alberghiero e nella ristorazione. Nel Sud pontino, invece, permangono infiltrazioni mafiose mentre il circondario di Tivoli è il luogo privilegiato di incontro tra malavitosi italiani e stranieri. La minaccia terroristica più grave è rappresentata dalla matrice jihadista. Ma sul versante interno si rileva una forte coesione tra gruppi anarchici a Viterbo e a Roma un tentativo di rilancio della lotta armata da parte di nuove formazioni delle Brigate Rosse.
Criminalità in azione. Tra gli stranieri sono i romeni i più attivi, soprattutto nello sfruttamento della prostituzione, nella clonazione di carte di credito e nelle violenze sessuali. In generale tra i delitti di maggiore allarme sociale sono in aumento quelli di omicidio, rapina, estorsione.

Cresce anche il numero delle morti bianche e degli incidenti stradali mortali. Si registra infine un aumento dei procedimenti penali riguardanti minori per tentata rapina o estorsione collegati al fenomeno del «bullismo».

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