Un nuovo capo per gli studios. E la Disney si fa gay

Nel comunicato in cui la Disney riferisce della promozione non c’è - ovviamente - alcun accenno al suo orientamento sessuale. Eppure Rich Ross è diventato nel giro di poche ore il simbolo della scalata della comunità gay ai vertici di una delle più grandi industrie dello spettacolo del mondo. Fino a lunedì capo del Disney Channel e dallo stesso giorno nominato capo degli studios, cioè supervisore della produzione, distribuzione e commercializzazione di film e cartoni animati. Un’ascesa che premia il lavoro lungo tredici anni condotto da Ross nell’azienda leader dell’intrattenimento infantile. Per molti addirittura il segno di una «rivoluzione» a Hollywood. «Disney goes gay» - la Disney si fa gay - ha titolato e gioito Advocate, magazine di riferimento della comunità omosessuale americana.
In realtà a svelare i dettagli sulla vita privata di Ross è stato il Los Angeles Times, ricordando che Rich, 47 anni, «vive da venti con Adam Sanderson a Hollywood Hills, senza che i due abbiano figli propri». D’altra parte la Disney da tempo è considerata un’azienda «gay-friendly», che già in passato ha avuto dirigenti dichiaratamente omosessuali e che organizza con regolarità i cosiddetti «Gay Day», giornate a tema a cui la comunità omosessuale è invitata a partecipare, con grande disappunto della destra religiosa.
«Non è la prima volta in assoluto ma è la migliore in assoluto», ha commentato Howard Rosenman, producer e anche attore in «Milk», la pellicola sulla vita del primo omosessuale eletto a una carica politica negli Stati Uniti e poi assassinato da un ex collega omofobo. Per Rosenman, insomma, «a Hollywood si è aperta una nuova era», perché finalmente «non importa cosa fai col tuo pene ma cosa fai col tuo lavoro». E la nuova era potrebbe non riguardare solamente Hollywood. Dopo aver scelto un ambasciatore omosessuale per Nuova Zelanda e Samoa, Barack Obama domani diventerà il secondo presidente americano a parlare davanti alla platea di Human Rights Campaign, il più grande gruppo omosessuale d’America.
Un percorso minato quello del presidente come quello della Disney: entrambi rischiano di attirare nuove antipatie. O di rinfocolare le solite. I «Gay Day» della Disney sono già additati sul web come eventi «satanici», in grado di inorridire «le molte coppie sposate che risparmiano ogni centesimo per pianificare una vacanza coi loro bambini (...) per poi scoprire, dopo aver attraversato il Paese per arrivare a Disney World, che il parco è stato colonizzato da omosessuali orgiastici», tuona il sito religioso «Jesus is savior».

Ma a difendere la recente promozione ha pensato Stacey Snider, della Dreamworks, lo studio di Steven Spielberg la cui divisione musicale per anni è stata guidata da David Geffen, anche lui gay. «Steve e io siamo completamente dalla parte di Rich». E forse d’ora in poi anche Mickey Mouse.

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