Obama fa il tenero papà: «in fuga» al lunapark con le figlie

A rovinare le ferie di Barack Obama non sono bastati né il black-out che ha colpito Oahu, dove è in vacanza con la famiglia, né i reporter che lo tallonano giorno e notte. Anzi, forse l'interruzione della corrente elettrica è stata perfino la benvenuta, visto che Obama, con un cambio di programma improvvisato, è riuscito a seminare i giornalisti. Che lo hanno ritrovato, due ore dopo, mentre prendeva un gelato con le figlie Sasha e Malia, con cui poco prima aveva visitato l'acquario.
E al termine della prima scampagnata senza la rassicurante scorta giornalistica che lo ha piantonato durante tutte le vacanze hawaiane - durante cui, a dire il vero, Obama ha deliberatamente ignorato i media - ha deciso poi di parlare con loro. «Avanti ragazzi, è la vostra chance - ha detto invitandoli a prendere un gelato -. Vi posso assicurare che è molto buono». Chissà se hanno rifiutato perché risentiti per il “Waikiki-gate”, come è già stato soprannominato l'incidente. Più probabilmente, visto che tutti sembrano lieti di soggiornare alle Hawaii piuttosto che davanti al ranch di George Bush in Texas, semplicemente non ne avevano voglia.
Ma, anche se Obama non sembra ancora calato del tutto nel ruolo di presidente, l’incidente con la stampa ha gettato nuova luce sulle capacità dell’ex senatore dell'Illinois di gestire brillantemente una “crisi”, per quanto piccola. Riconciliandosi subito con i reporter cui era sfuggito o rivoltando una gaffe a suo favore. Come fece quando, nella sua prima conferenza stampa dopo l'elezione, prima pronunciò una frase sconveniente su Nancy Reagan e poi la chiamò immediatamente per scusarsi, facendo passare in secondo piano la sua uscita poco felice.
Un modo tutto suo. «È una cosa che si capisce anche da come si comporta come padre - dice Alfie Kohn, autore del libro Unconditional Parenting -.

A differenza di Bush, che si comportava come se gli Usa e gli americani fossero un bambino cui dire cosa fare, Barack lavorerà con la gente come fa con i figli. Ovvero, in una maniera più democratica, coinvolgendo tutti nel processo di decision-making». E chissà che, dopo il "Waikiki-gate", lasci scegliere ai reporter se seguirlo o no, invece di seminarli.

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