Olmert apre alla Siria: Golan in cambio di pace

Olmert apre alla Siria: Golan in cambio di pace

L’inconfessabile proposta da ieri è sotto gli occhi di tutti, stampata nero su bianco sulle pagine di Yediot Ahronot, il più venduto e letto quotidiano israeliano. E il premier Ehud Olmert è ancora una volta un re nudo. Un re che da una parte discute piani di battaglia e dall’altro dialoga con il nemico. Un Giano bifronte capace di inviare segretissime proposte di pace a Damasco e, allo stesso tempo, di riunire il gabinetto di sicurezza per discutere, come ha fatto mercoledì, un possibile, imprevisto conflitto con la Siria. L’articolo di Yediot Ahronot parla chiaro. Da oltre un mese l’ufficio di Olmert utilizza misteriosi intermediari turchi e tedeschi per proporre al presidente Bashar Assad la restituzione delle alture del Golan in cambio della rottura di ogni legame con l’Iran, con Hamas e il terrorismo.
«So che un accordo di pace con la Siria mi obbliga a restituire le alture del Golan alla sovranità siriana, ma io, in quest’eventuale accordo, desidero fare la mia parte nell’esclusivo interesse della pace fra noi». Sarebbero queste secondo Yediot Ahronot, non smentito da alcun portavoce del governo, le testuali parole del segretissimo invito al negoziato fatto arrivare a Damasco qualche settimana fa. Un invito preceduto, il 26 aprile, da un via libera dello stesso presidente George W. Bush e seguito dalle clausole per l’accordo. «Vorrei sapere – chiede Olmert fissando quelle condizioni - se, in cambio di un ritiro israeliano dalle alture del Golan, la Siria sia disposta a fare la propria parte sciogliendo gradualmente la propria alleanza con Iran, Hezbollah e organizzazioni terroristiche palestinesi e mettendo fine a qualsiasi finanziamento e incoraggiamento al terrorismo».
Bashar Assad e la sua corte non hanno, fino ad ora, consegnato agli intermediari una risposta formale. «Siamo interessati a rinnovare i negoziati per la pace e interessati a lavorare per la pace – dichiarava non più tardi di giovedì un portavoce di Damasco - ma per ora non ci sembra possibile sperare in grandi cambiamenti». Altre dichiarazioni, provenienti da ambienti diplomatici di Damasco, fanno intendere che Olmert non sia, dato lo scarso consenso goduto sul fronte interno, un partner molto affidabile. Prima di dialogare con i siriani, Olmert deve fare i conti con le conseguenze di quanti, dopo quelle rivelazioni, lo accusano di preparare «la svendita del Golan». Per qualcuno, però, quelle rivelazioni sono state pilotate dallo stesso premier per mettere fine a tutte le indiscrezioni sulla trattativa. Secondo i sostenitori di questa tesi, Olmert può ora giocare a carte scoperte e tentare l’ultima disperata mano della sua partita. Se fallirà anche stavolta non avrà altre possibilità. Potrà solo attendere il rapporto finale della commissione d’inchiesta sulla guerra a Hezbollah e presentare le scontate dimissioni. Ma se il destino gli regalasse la scala reale della «pax siriana» tutti i giochi si riaprirebbero. E Olmert potrebbe presentarsi come l’emissario di pace dell’America del dopo Bush, quella disperatamente interessata a una Siria non più alleata dell’Iran e non più disposta ad appoggiare gli insorti iracheni. Ma prima di quei se, prima di quei castelli di carta già franati nel 2000 sulla testa di Ehud Barak, l’Ehud del 2007 deve fare i conti con l’opposizione di destra e con un’opinione pubblica abituata, dopo l’“assimilazione” del 1981, a considerare il Golan casa propria. Deve incassare i colpi di chi lo accusa di svendere l’altopiano più strategico del Medio Oriente in cambio della propria sopravvivenza politica. Ad aprire il tiro a bersaglio dell’estrema destra ci pensa Zevulun Orlev. «Il Golan non sarà svenduto come Gush Katif», promette il capo del partito nazionale religioso paragonando i villaggi del nord abitati da 18mila coloni agli insediamenti di Gaza. E neppure l’opinione pubblica sembra in linea con il premier.

Solo il dieci per cento degli israeliani, secondo un sondaggio del quotidiano Maariv, è disposto ad accettare un totale abbandono delle strategiche alture, mentre il 74 per cento è convinto che Assad non sia un partner affidabile.

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