Olmert frena l’esercito: niente attacco a Gaza

Tsahal un piano ce l'ha. I capi di stato maggiore l'hanno già completato. Gli ufficiali del Comando Sud l'hanno appena simulato durante gli ultimi addestramenti. Non è una rappresaglia, ma una manovra in profondità, un ritorno su larga scala nel cuore di Gaza molto simile al vecchio «scudo difensivo». Quell'operazione servì, nel 2002, per spazzare via le cellule di Hamas e della Jihad Islamica dalla Cisgiordania. La nuova offensiva dovrebbe far tabula rasa degli arsenali di Hamas e delle infrastrutture militari sorti a Gaza dopo il ritiro israeliano del 2005. Ma Ehud Olmert non ci sta. Si è già fidato dei piani dei suoi generali la scorsa estate. Ma quei piani gli hanno regalato solo guai e non gli hanno restituito né Gilad Shalit, né i tre soldati rapiti da Hezbollah. Stavolta dunque preferisce temporeggiare. Incontra i capi di stato maggiore, si consulta con i capi dei servizi di sicurezza, ma alla fine fa capire che l'operazione su larga scala per bonificare la Striscia e disarmare Hamas per il momento non scatterà. Anche i capi fondamentalisti possono, per ora dormire sonni tranquilli. Il premier - nonostante i missili e i colpi di mortaio di lunedì, nonostante la fine della tregua annunciata dai portavoce delle Brigate Ezzedin Al Qassam - non autorizza, per ora, l'eliminazione dei capi fondamentalisti. Gli eventuali «omicidi mirati» colpiranno solo le cellule responsabili dei lanci di missili contro i territori israeliani. Qualche altra incursione a «capocchia di spillo» servirà a distruggere i depositi e le fabbriche di mortai e testate Qassam. Ma se Hamas riuscirà veramente a mettere le mani su un altro soldato allora tutto cambierà. In quel caso i servizi di sicurezza israeliani potrebbero rispondere «rapendo» per ritorsione un capo di Hamas. Magari anche il primo ministro dell'Autorità Palestinese Ismail Haniyeh.
A buttarla lì con il tono di chi non si limita a fare ipotesi, ma lancia precisi avvertimenti è il ministro laburista delle Infrastrutture Binyamin Ben-Eliezer, già responsabile della Difesa al fianco di Ariel Sharon. «Se Hamas rapirà un altro soldato allora Ismail Haniyeh sappia - annuncia Ben Eliezer - che potremmo anche andare a prenderlo a casa sua». A far presagire tempi assai duri in caso di nuove minacce contribuisce anche il vice ministro della Difesa Ephraim Sneh. «Oggi ci sentiamo liberi di mettere a segno operazioni che qualche mese fa evitavamo di compiere. Chiunque voglia sperimentarlo deve solo farsi avanti - dichiara Sneh, ricordando però che Israele non è interessato a un'escalation, ma «solo a mantenere sotto controllo il livello delle operazioni terroristiche» originate dalla Striscia di Gaza.
Schiacciata tra l'incudine di un'ala militare decisa a metter fine alla tregua e il maglio già sollevato d'Israele la tentennante dirigenza politica di Hamas a Gaza si destreggia come può. Il premier dell'Autorità Palestinese Ismail Haniyeh cerca da una parte di non sottrarsi al confronto con Israele e giustifica la ripresa delle ostilità.

«Abbiamo fatto grandi sforzi per mantenere la tregua, ma questi sforzi hanno dovuto far i conti con la crescente aggressività israeliana e con l'intensificarsi degli attacchi alla popolazione palestinese», sostiene il primo ministro del governo di coalizione ricordando che la risposta di Hamas sarà proporzionata alle azioni israeliane. Dall'altra parte i suoi portavoce fanno capire di star lavorando per ripristinare la tregua e ricordano, come fa Ghazi Hamad, che il governo palestinese «afferma l'importanza di proteggere il cessate il fuoco».

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