Ora andate a Mauritius? Bene: allora ci voglio venire pure io

di Mario Cervi

Sono stato per motivi professionali, un grande viaggiatore. Come inviato speciale prima del Corriere della Sera, poi del Giornale, ho trascorso molte ore della mia vita in aerei e aeroporti. Ma da alcuni anni - e per il peso e la malinconia degli anni - preferisco muovermi poco: a meno che si tratti di partecipare, in qualche città italiana, a chiacchierate politiche e culturali.
Tuttavia il Giornale mi sta restituendo la voglia di viaggiare. Non da solo però. Di viaggiare in compagnia di lettori che sono anche amici, il più delle volte fedelissimi. La loro presentazione molto spesso è «la seguo fin dal primo numero...». E volete che io non li segua in trasferte che oltretutto non anche bellissime? In una delle «prime pagine» del Giornale montanelliano che alleghiamo al Giornale attuale c’era un editoriale di Indro dedicato proprio ai lettori: che fisicamente aveva potuto vedere e conoscere perché venivano in redazione a portare le loro offerte dopo il terremoto del Friuli. Quei lettori, visti da vicino, erano la brava gente. Sono ancora la brava gente, e stare insieme a loro può riuscire in qualche momento faticoso - anche l’affetto produce stress - ma è un’esperienza unica. L’ho vissuta nella crociera del Giornale nel Mediterraneo orientale a bordo di MSC (esperienza che ripeteremo anche il prossimo maggio). Dove è stata tributata non a me ma ai miei affetti, alle mie nostalgie, alle mie tristezze, ai miei ricordi una standing ovation che serbo nel cuore come un bene prezioso.
La meta in cui mi avventurerò è Mauritius. Mi dicono - Massimo de’ Manzoni lo scrive anche, qui a fianco - che durante il viaggio del Giornale in Egitto qualcuno ha chiesto di me, e suggerito che io faccia parte del gruppo a Mauritius. Grazie. Starò volentieri con i lettori. Il programma prevederà magari che io parli loro per azzardare qualche idea e molti dubbi. Ma per me sarà importante non ciò che potrò dire - che non lo è per niente - ma ciò che potrò sentire e capire. Indro affermava sempre che se si vuol essere buoni giornalisti bisogna avere la convinzione che il nostro padrone è il lettore, non l’editore. Aggiungeva però che il lettore bisogna prenderlo molto sul serio, ma non alla lettera. Perché molto spesso i lettori, quando li abbiamo davanti, ci muovono rimproveri per le eccessive concessioni della stampa alla frivolezza, e per lo scarso spazio dato ai grandi problemi. Eppure sappiamo che anche i nostri lettori, così rispettosi dei valori tradizionali e patriottici, possono cedere alla tentazione del gossip.
Tuttavia dichiaro solennemente che - se non provocato e sollecitato a cambiar registro, sarete voi lettori a dettarmi l’agenda - cercherò d’evitare accenni a Marrazzo, a Noemi, e al fotografo Corona. Se possibile, preferirò navigare nelle acque del passato, dove sempre c’è tanto da dire e da riflettere. Discorreremo insieme dell’Italia alla quale tutti vogliamo bene. Perché è l’unico Paese natale che abbiamo.

Ma ci capita di volerle bene alla maniera di Montanelli. Come si vuol bene a una poco di buono, sapendo che è una poco di buono ma essendo incapaci di lasciarla. Se non per una vacanza culturale ma anche di relax a Mauritius.

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