Ora il governo non dimentichi il suo lavoro

Lo so che è difficile, in questi spensierati tempi di veline, veleni, vallette, santini e santori, pensare a qualcosa di serio: ma cerchiamo di riuscirci. Perché materia per riflettere, al di fuori del rettangolo incantato delle televisioni e delle pagine patinate del gossip, ce n’è eccome. Non rimprovero a Berlusconi, perché sarebbe ingiusto, i cedimenti mediatici al voyeurismo nazionale. Proprio i moralisti del «lontano il pettegolezzo dalla politica!» l’hanno incalzato perché raccontasse i suoi fatti privati, e più che privati intimi. Incalzandolo costruivano, sull’intreccio tra i palazzi del potere e le alcove del piacere, una storiaccia appetitosa per palati facili. La deriva frivola è dunque stata fortissimamente voluta dal club degli austeri.
Ma è venuto, mi sembra, il momento di ridare un ruolo di protagoniste alle faccende importanti: delle quali - forse è solo un’impressione, ma un’impressione condivisa da molti - sembra ci si sia un po’ scordati. Diamo per scontato che il problema dell’eventuale divorzio tra Veronica e Silvio segua il suo itinerario familiare e legale, se possibile in tranquillità. E cerchiamo di rimettere all’onore del mondo alcune questioni che non dico si stessero ricoprendo di polvere, ma che certo non erano più in evidenza.
Per esempio il piano casa: è stato a suo tempo annunciato con un doveroso rullare di tamburi e ha suscitato molte speranze in chi la casa non ce l’ha. Ma se ne sono perse per un po’ - almeno dal punto di vista mediatico - le tracce. Se ne è riparlato ieri con il via libera del Cipe, utile rinfrescatina per la memoria di tutti. I provvedimenti sulla sicurezza si avviano finalmente alla conclusione, ma dopo un prologo confuso e sintomi di disorientamento nella maggioranza. Sull’esistenza di fondi adeguati per le zone terremotate è in corso una polemica. L’opposizione lascia intendere che quei fondi siano poco consistenti o non disponibili, e palesemente bara.
Segni di malcontento vengono tuttavia anche dai sindaci abruzzesi, quarantanove dei quali hanno stretto un accordo. Qualcuno, in vena di battute, l’ha definito il patto di Acciano riecheggiando il patto d’acciaio di mussoliniana memoria e alludendo al ruolo del sindaco appunto di Acciano, Americo Di Benedetto, promotore dell’iniziativa. Stretti a coorte i sindaci chiedono modifiche del «pacchetto ricostruzione». Il quale, tanto per rendere più fiduciosi gli italiani, è stato ribattezzato «decreto abracadabra». E poi. Il ministro Claudio Scajola è inquieto perché il suo disegno di legge «sviluppo» procede al Senato come i vaporetti di Venezia, «avanti piano quasi indietro», a causa di mancanze del numero legale e d’altri contrattempi.


Niente di grave, la maggioranza è solida e il governo coeso. Niente di male a patto che né la maggioranza né il governo si distraggano e dimentichino, nel vortice delle futilità pruriginose, d’essere solidi e coesi.

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