Ora la Lega di lotta scopre Di Pietro e snobba l’inciucio

Reguzzoni: "Il nostro futuro? Bossi vi spiazzerà". Albertini: vi manca un ideologo. Feltri: federalismo Sol dell’Avvenire

Milano - Stefania Piazzo cita pagina 17 del libro e chiede: «Dove si va a finire, con Bossi, oppure a ricominciare?». E se lo domanda lei che dirige La Padania, è chiaro che questo è il tema. «Gente del Nord», l’avventura della Lega secondo Marco Reguzzoni, visto da Vittorio Feltri è «l’ottima descrizione dagli eroici inizi, quando la Lega la sfottevano tutti, a un fenomeno che ha dimostrato di esser tutt’altro che breve come un sospiro»; ed è per Gabriele Albertini, «rimpianto sindaco di Milano» come lo chiama il Diretùr, il riassunto di quei valori che, dalla legalità alla meritocrazia, non solo accomunano Pdl e Lega, ma sostanziano un concetto di Nazione basato non sui confini geografici, ma sull’«idem sentire di una comunità». Avrebbe certo concordato anche Antonio Di Pietro, se una vertebra fratturata non lo avesse inchiodato in ospedale, e infatti il leader Idv a Reguzzoni manda una lettera nella quale ricorda che «Idv e Lega sono gli unici partiti presenti in Parlamento nati tra la gente in modo spontaneo, come forza d’opinione».

Dalle radici anti-sistema all’esperienza governativa, dal rinnovato ruolo di opposizione alle prove di dialogo con Tonino, ce n’è abbastanza per domandarsi che fine farà il Carroccio, e se, appunto, sarà la fine. Feltri pare più sincero che provocatorio quando avverte che la Lega starà stretta in qualsiasi coalizione, col Pdl o col Pd, aggiungendo che se la secessione «resterà una chimera», anche il federalismo «sarà il vostro Sol dell’Avvenire», insomma «scor-da-te-ve-lo», perché a Roma governano «i terroni, che sarebbero stupidi a farlo passare, non a caso in vent’anni non è passato». Mugugni in sala ed è Albertini a medicare: «Vittorio ha il pessimismo della ragione, io l’ottimismo della volontà», dice, suggerendo che ciò che manca alla Lega è «un impianto concettuale che ne affermi i valori anche oltre la Padania». Un Luca Ricolfi novello Gianfranco Miglio, chissà, quel che conta è distinguere fra il sogno del federalismo e l’incubo secessione. Con Lawrence d’Arabia: coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi della loro mente, scoprono al risveglio la vanità di quelle immagini, ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi, perché può darsi che realizzino i loro sogni.

Bastoni e carote, ma Reguzzoni è imperturbabile. A chi gli domanda delle spaccature interne risponde che «il tema non mi appassiona, io lavoro per l’unità»; a chi accusa la Lega di atteggiamento ondivago sulla Tav replica che «noi siamo sempre stati a favore, perché permetterà alla Padania di esportare di più», e poi condanna l’«insipienza nella gestione» che ha portato agli scontri. Ma sulla fine del Carroccio non ha le altrui preoccupazioni: «Il nostro progetto è sempre lo stesso. Il come ci arriveremo è impossibile prevederlo. Sarà ancora Bossi a guidarci, e da lui ci si può aspettare tutto». Adesso ha rotto col Pdl, «ma il fatto è che se va avanti così, a sostenere un governo come quello di Monti, sarà il Pdl a non esistere più». E a proposito.

C’è anche spazio per la nota polemica di Albertini, che lamenta come «nell’ultima fase del Pdl la sola meritocrazia fosse quella di aver sorriso, non so con quale bocca, al principe», e poi a microfoni spenti vede nel futuro prossimo un partito della nazione fra l’Udc e i moderati di Pdl e Pd. Reguzzoni fa spallucce: «È presto per dirlo, nemmeno sappiamo come sarà la legge elettorale». Una Lega ai margini dell’«inciucio» e alleata con l’Idv? «Per ora sono fantasie».

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