Andrea Indini
Un concetto nuovo un po per tutti. Un legame che non si vedeva da almeno un paio di secoli. Il Padiglione di Arte Contemporanea propone una mostra dedicata ad Arte, religione, politica, curata da Jean-Hubert Martin, in programma a partire da venerdì.
Le tre principali espressioni delle culture e delle civiltà umane saranno rappresentate in ununica esposizione che vedrà la partecipazione di numerosi artisti provenienti da tutti i continenti. «Si tratta - afferma Stefano Zecchi, assessore alla Cultura - di una rassegna di opere di ispirazione sacra che si articolano attorno a religioni di diversa matrice storica e culturale che sono radicate fra le popolazioni dei cinque continenti». La mostra, che sarà aperta fino al 18 settembre, apre con unintroduzione sulle radici storicamente cristiane dellarte occidentale, concentrando nella prima sala opere di grandi artisti come Joseph Beuys, Dan Flavin, Lucio Fontana e Yves Klein. Nelle sale successive saranno esposti i lavori di interessanti artisti di culture lontane dalla nostra. Un miscuglio di intuizioni profonde, sapere accumulato da millenni, saggezza popolare, valori etici e credenze spirituali. «In tutti i casi - conclude Zecchi - i lavori esposti conservano un ruolo di affermazione e di difesa di unidentità culturale e sociale».
I termini politica e religione sono raramente associati nellambito dellarte contemporanea, essendo in ogni caso il secondo escluso dalla discussione in virtù del dogma hegeliano su cui si fonda la modernità. Dal romanticismo in poi la politica è divenuta il criterio ineludibile del giudizio estetico, costituendo così la pietra angolare della valutazione artistica. A questo si aggiunga il fatto che il luogo comune della «religione come oppio dei popoli» resta uno dei retaggi marxisti più deleteri e più difficili da scalzare. È stata la filosofia dei lumi a strappare le masse alloscurantismo religioso e superstizioso, inserendo però lOccidente in un agnosticismo dilagante. Ma le culture del mondo non hanno seguito la stessa evoluzione storica. Nella stessa Europa sta prendendo vita un fenomeno molto simile. «Ciò che oggi viene essenzialmente censurato dai musei - spiega Martin - è la nuova arte religiosa collegata ai riti funerari o alle pratiche magiche». Si parla di no mans land per intendere una cultura senza spazi e fatta di minoranze che si oppongono allassimilazione e allomogeneizzazione creando e sviluppando elementi identitari. «La fede nella virtù liberatrice della filosofia illuminista si è rivelata unutopia», chiosa lo studioso francese. «Queste rinascite - conclude Martin - si verificano come difesa dagli effetti della mondializzazione: considerate da alcuni come il semplice riaffiorare di un universo arcaico, queste devono invece essere poste in rapporto dialettico con la modernità».
Il duo francese formato da Benoît Magin e Marion Laval-Jeantet e votato alla denuncia del cinismo umano, lantropomorfismo del cubano José Bedia, la dominicana Charo Oquet studiosa di cosmogonie animiste e il monaco buddhista Kazuo Shiraga sono solo alcuni dei molti nomi in cartellone.
Lingresso alla mostra, che si terrà al Pac di via Palestro 14 (02-7600.9085), è di 5,20 euro (ridotto: 2,60).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.