Il padre di Ramy dice basta: "No a violenze in suo nome"

La famiglia del 19enne prende di nuovo le distanze da cortei e devastazioni: "Ringrazio Sala e Fontana"

Il padre di Ramy dice basta: "No a violenze in suo nome"
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Prende una netta distanza Yehia Elgaml, il padre di Ramy, il 19enne morto in sella al Tmax la notte del 24 novembre in seguito al concitato inseguimento da parte dei carabinieri, dai violenti scontri di Roma e Bologna e dagli atti di vandalismo avvenuti durante le manifestazioni di ieri. Manifestazioni nate per chiedere «verità e giustizia per Ramy», in nome dell'antirazzismo, che si traduce però nello distruzione di una sede dell'Inps, nell'attacco a una camionetta della polizia, il raid contro la sinagoga di Bologna e del lancio di bombe carta contro gli agenti, che ne feriscono uno al viso. Il bilancio dei cortei e degli scontri tra polizia e manifestanti è di 8 agenti feriti, per non parlare dei danni materiali. «Noi, la famiglia di Ramy Elgaml, desideriamo esprimere con chiarezza e fermezza la nostra posizione riguardo agli avvenimenti che hanno seguito la tragica morte del nostro caro Ramy - scrivono in una nota -. La perdita di Ramy è per noi un dolore immenso e insopportabile. Il nostro unico desiderio è che la giustizia segua il suo corso senza strumentalizzazioni. Siamo profondamente turbati nell'apprendere che il nome di Ramy venga utilizzato come pretesto per atti di violenza». Parole cui fa eco Aly Harhash, rappresentante della comunità egiziana a Milano, che ha sottolineato che «con quanto successo a Roma e Bologna, non c'entriamo niente. Però l'autorità dovrebbe anche parlare con queste persone per sapere da dove arriva questa rabbia».

Ma c'è anche chi a sinistra, a partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein condanna la strumentalizzazione che centri sociali, anarchici e gruppi di estrema sinistra stanno facendo della vicenda. Un alibi in più la morte di Ramy durante un inseguimento dei carabinieri, per potere attaccare a viso aperto gli agenti inneggiando alla vendetta. Una vendetta, per l'appunto, non richiesta ma addirittura rifiutata dalla famiglia stessa della vittima. «Non c'è nessuna rivolta delle banlieue, penso che da anni ci sia una saldatura tra arnesi degli anni 70, centri sociali e movimento pro Pal - commenta a caldo Sergio Scalpelli, che guida il Centro internazionale di Brera e ha da poco lasciato il coordinamento milanese di Italia Viva -. È una cosa in divenire ma ci sono tutti i segnali di una forte radicalizzazione politica che ha a che vedere con la deriva populista, antioccidentale e antiliberale».

Per Mirko Mazzali, assessore alla Sicurezza del Municipio 9 da sempre vicino ai centri sociali «così come il diritto a manifestare va sempre rispettato in quanto sancito dalla Costituzione, credo anche che chi commette reati, durante o meno un corteo, ne debba rispondere e debba essere perseguito». Tradotto: benissimo qualsiasi manifestazione ma questo non giustifica i vandalismi e le devastazione commesse a Roma, gli atti di antisemitismo contro la sinagoga di Bologna in nome per altro dell'antirazzismo e della vicenda di Ramy. «Ognuno esprime a suo modo la propria rabbia - continua Mazzali - ma questo non giustifichi i reati e non capisce cosa centrino certi comportamenti con la giustizia per Ramy, detto ciò io non vedo un disegno politico da parte dei centri sociali e dei movimenti di estrema sinistra per fomentare l'odio».

Furibondo e allibito il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana: «Per questi delinquenti serve la tolleranza zero. Perché una cosa è il sacrosanto diritto di manifestare, un'altra seminare scompiglio, danneggiare tutto ciò che ci si trova davanti e picchiare chi deve garantire l'ordine pubblico».

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