Il Paese dei cedri prende coscienza dei danni enormi causati dai miliziani sciiti, responsabili della guerra. E l’81% è favorevole allo schieramento dei caschi blu I libanesi vogliono gli hezbollah senza armi Secondo un sondaggio, al 51% della popolazio

Annan: niente soldati al confine con la Siria. Anche Ankara manderà un contingente

Marcello Foa

Ieri la solidarietà, ora il dubbio e, per molti, la rabbia. Hezbollah non piace più. Il 51% dei libanesi chiede che il movimento sciita deponga le armi, e l’81% è favorevole allo schieramento delle forze Onu, mentre la gente prende coscienza del costo enorme provocato da una guerra, che lo stesso Nasrallah riconosce inutile. Le cifre sono impressionanti: i danni ammontano a 15 miliardi di dollari; oltre 15mila abitazioni, 94 strade e 80 ponti sono stati distrutti o gravemente danneggiati. Secondo l’Onu, sono stati cancellati 15 anni di progressi economici, e ora Beirut si trova con un debito di 200 miliardi di dollari, pari al 200% del Pil; un livello che impedisce il ricorso a nuovi prestiti.
E a dieci giorni dalla proclamazione del cessate il fuoco, la gente comincia ad accusare Nasrallah. Il sondaggio dell’istituto libanese Ipsos rivela che il 48% dei giovani non si immagina più un futuro nel Paese dei Cedri. Davanti alle ambasciate Usa e canadese si formano lunghe code. Gente alla caccia di un visto, per fuggire e non tornare mai più.
L’altro Libano fa sentire la sua voce: per strada, sui siti internet, nelle interviste ai media arabi si moltiplicano le critiche agli Hezbollah. «Loro amano la morte, noi la vita», dichiara a Lebanon Wire Khalil Bou Azzedine, un druso di Bakleen. I sunniti sono amareggiati e temono la guerra civile: «Le bandiere del Partito di Dio non devono più sventolare», minaccia il 25enne Kassim al-Kadri. I cristiani, come la 48enne Maggie Haddad o il 31enne Georges Abou Zeid, affermano che «fino a quando Hezbollah esiste e avrà le armi, ci sarà la guerra».
Già, le armi. Israele insiste: vanno consegnate all’esercito libanese. Il ministro degli Esteri Tipi Livni lo ribadisce incontrando a Berlino il collega tedesco Frank-Walter Steinmeier, ma ammette l’impotenza delle forze regolari di Beirut: «Senza un impegno internazionale gli sciiti non disarmeranno». Il messaggio è chiaro: la Forza internazionale di pace dovrà accollarsi questo incarico, che invece non è contemplato nel mandato del Consiglio di sicurezza. E dovrà bloccare i rifornimenti provenienti da Siria e Iran: «Se non si istituirà l’embargo - spiega la Livni - loro riforniranno rapidamente i loro arsenali e ci troveremo ad affrontare lo stesso problema». Ma Kofi Annan, che ieri si è recato in visita a Beirut, non ci sente: «Non prendiamoci in giro, le milizie non possono essere disarmate con la forza - dice -. Questo obiettivo potrà essere raggiunto solo attraverso il dialogo». Ed esclude lo spiegamento dei caschi blu al confine con la Siria. Il segretario generale dell’Onu fa un solo passo nei confronti dello Stato ebraico, chiedendo insistentemente che i due soldati israeliani rapiti vengano consegnati alla Croce Rossa.
Troppo poco per tranquillizzare il governo di Gerusalemme, tanto più che gli Hezbollah, nonostante il tardivo mea culpa di Nasrallah - il quale domenica ha detto che se avesse previsto la guerra non avrebbe fatto rapire i soldati israeliani -, continuano a comportarsi da vincitori. Ignorano le critiche e pensano, innanzitutto, a riavviare la macchina dell’assistenza: ogni famiglia che ha perso la casa riceverà entro pochi mesi 12mila dollari in banconote da cento. E il disarmo? Secondo il sondaggio dell’Ipsos, pubblicato dal quotidiano di lingua francese L’Orient le Jour, l’84% degli sciiti rifiuta questa opzione, che invece è invocata dalle altre tre grandi comunità libanesi: il 79% dei drusi, il 77% dei cristiani, il 54% dei sunniti chiedono lo scioglimento delle milizie. D’altronde ci sono pochi dubbi sulle intenzioni dei leader del Partito di Dio. Il ministro del Lavoro Trad Kanj Hamadé continua a ripetere che il suo partito Hezbollah non deporrà le armi, ma le nasconderà bene, come d’altronde ha fatto nei giorni scorsi, quando ha smantellato 14 avamposti al confine con Israele, nei pressi delle fattorie di Shaba. I bulldozer hanno raso al suolo gli edifici e ostruito l’accesso ai bunker.

Ma, come rivela il quotidiano A-Saphir, numerosi testimoni hanno visto partire verso nord mezzi pesanti con a bordo razzi, granate, mitragliatori e materiale militare. Più che alla pace, gli Hezbollah sembrano prepararsi a una nuova guerra.

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