Di pattuglia al posto del collega, ucciso da un folle

Diego Pistacchi

da Genova

La polizia nel suo destino. La morte nel suo destino. Sembra una storia di quelle immutabili la vita di Daniele Macciantelli, il poliziotto di 36 anni ucciso da uno squilibrato in preda a una crisi di follia. Doveva, voleva fare il poliziotto come papà Loris e soprattutto due sere fa si trovava dove non si sarebbe dovuto trovare in condizioni «normali». Di pattuglia. Lui, che vedeva la divisa blu come una missione, non era un rambo e di solito lavorava negli uffici del reparto prevenzione crimine di Genova. Lui, che aveva il fisico atletico, che amava le arti marziali e la palestra, sul lavoro non aveva smanie di protagonismo e aveva scelto di dedicarsi alle pratiche burocratiche. Ma aveva già ottenuto due medaglie e una promozione ad assistente capo per merito assoluto. «Era schietto, diretto e leale - ricordano i colleghi distrutti -. Se c’era bisogno di qualcosa si faceva avanti».
E bisogno di qualcosa c’è stato giovedì sera. Serviva qualcuno che andasse di pattuglia, perché il reparto era svuotato. Molti colleghi erano fuori sede, erano stati aggregati alla polizia di Caserta, per fronteggiare l’emergenza in atto. E lui, Daniele Macciantelli, è uscito di pattuglia. Quando è arrivata la richiesta di intervento nella casa del giovane in preda alla crisi psichica, la sua auto era la più vicina e lui si è reso disponibile insieme al collega. «Ha trattato il caso secondo le procedure - assicura Francesca Seccia, dirigente del reparto -. Stava adottando tutte le dovute tecniche di mediazione». E sembrava anche fosse riuscito a ricondurre alla ragione Danilo Pace, il ventisettenne fuori di sé. «Ma quando sembrava che tutto potesse tornare alla tranquillità - ha raccontato il collega ancora sotto choc - quel giovane ha impugnato un coltello e lo ha colpito al cuore». È morto sostituendo i colleghi impegnati in Campania, in quella zona dove quasi contemporaneamente altri due giovani poliziotti perdevano la vita. È morto per mano di uno squilibrato che neppure un anno fa aveva già aggredito un collega in una situazione analoga. Ed era già stato arrestato. Ed era già tornato in famiglia. A tormentare i genitori, che per l’ennesima volta hanno chiamato disperati la polizia.
Un destino segnato, quello di Daniele. Ieri mattina suo fratello Ottaviano e la sorella Milena sono stati accompagnati all’obitorio dell’ospedale. Avevano appena trovato la forza di raccontare tutto con calma alla madre Maria Rosa, 73 anni e con qualche problema di salute. «Voleva entrare in polizia per seguire le orme di papà Loris, che è mancato qualche anno fa - ricorda sconvolto il fratello maggiore -. L’ultima volta ho incontrato Daniele pochi giorni fa alla Spezia. Sono sceso in strada e l’ho visto davanti al portone di casa. Gli ho chiesto perché non mi avesse avvertito che passava da Spezia. Mi ha detto che era in servizio, ma che sarebbe tornato la prossima settimana. È stata l’ultima volta che l’ho visto». Macciantelli si era trasferito a Genova, dove aveva trovato anche la fidanzata. Diplomato geometra, era entrato in polizia nel 1992.

Dalla prima destinazione di Milano, era ben presto arrivato a Genova, dove aveva lavorato anche nella Stradale. Per lui solo encomi. Una «parola di lode», poi una medaglia d’argento e una di bronzo per meriti di servizio. Un eroe che non aveva bisogno di una morte così per esserlo.

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