Pazzini è stufo di aspettare «O gioco o lascio Firenze»

da Milano

«Nuovo Wembley, valeva la pena aspettare». È il titolo del Times di ieri, ma è anche l’ideale cartolina spedita ieri da Giampaolo Pazzini a tutti gli amici, e magari anche a qualche nemico. Tre gol in una botta sola e con la maglia azzurra. E in un tempio del calcio. «La classe di Pazzini si adatta bene ad un impianto sbalorditivo, roba di classe. Gli italiani hanno messo da parte cinismo e contropiede, l’eroe è stato Pazzini, tre gol più uno che si è mangiato per un colpo di sonno». Più bizzarro il Daily Telegraph: «Curioso che il primo gol nella nuova casa del calcio l’abbia fatto un italiano». Già curioso, poteva farlo un francese o anche un tedesco, bastava cambiare l’avversario.
Comunque: titoli e foto. Niente da dire, valeva proprio la pena aspettare. E di attese il ragazzo se ne intende, viste le ore passate in panchina a guardare Toni e Mutu fare gol. Perché il problema è proprio questo, con l’eccezione di un paio di ragazzi, tra gli azzurrini Pazzini è quello che patisce più di altri le scelte della propria società. «Spero che Prandelli fosse davanti alla televisione» è la dedica che l’attaccante di Casiraghi ha indirizzato al suo allenatore negli spogliatoi di Wembley. Con la testa ancora bagnata e offuscata da un pomeriggio di un giorno da campioni. Non sapeva, per esempio, Pazzini, dell’usanza inglese di regalare il pallone con le firme degli avversari all’autore di una tripletta. Gloria di un sabato da prima pagina, massaggi a un umore che, al netto delle gratificazioni con la maglia azzurra e dell’applauso dei 55mila di Wembley, non è proprio alle stelle. Prendi il campionato: 16 presenze, tre da titolare e due gol, la zavorra di un infortunio ad inizio stagione. E Toni e Mutu che non li tiene nessuno. «Il mio futuro? Non lo so ancora, ma a 23 anni anni hai voglia di giocare...» è la frase che ripetuta più volte diventa il manifesto del suo momento bicolore.
Sono arrivati i complimenti del presidente della Fiorentina Andrea Della Valle, la festa a Montecatini con la famiglia, (papà Romano: «Dispiace che mio figlio giochi così poco») lo spumante, persino il tricolore. In più, a rompere gli schemi, le telefonate delle mamme dei compagni di under alla mamma del leoncino di Wembley. E infine, come una benedizione urbi et orbi, prima la telefonata e poi le parole di Luca Toni: «Devo stare attento, altrimenti mi frega il posto. L’ho sentito, gli ho fatto i complimenti: se li merita tutti, oltre ad essere bravo è anche un’ottima persona». Il centravanti campione del mondo, uno che all’età di Pazzini metteva il naso in serie B e Wembley se lo sognava, si infila i panni del vecchio saggio. «Montarsi la testa dopo tre gol così? Ci penso io, sono il suo fratello maggiore, se gli capita lo sgrido. Ma non corre questo rischio, è bravo e ha una bella famiglia alle spalle».
Miele, ma non è mica sempre Under. «I tre gol fanno piacere, soprattutto ora che Giampaolo sta giocando poco. Le scelte della Fiorentina le conoscevamo, tanto che avevamo chiesto di cambiare società almeno per questo campionato. Ma Corvino - il direttore sportivo viola - ha ribadito che Giampaolo serviva alla Fiorentina. Le cose per ora sono andate diversamente...»: Tinti, procuratore dell’attaccante cresciuto a Bergamo, e da lì atterrato a Firenze insieme con Montolivo, non soffia sul fuoco ma non si può girare troppo intorno al problema.

Pazzini con la Fiorentina ha altri due anni di contratto e un futuro che incrocia quello di altrettanti attaccanti. Luca Toni e Valeri Bojinov. Uno parte e l’altro arriva, in mezzo il futuro di Pazzini. Si tratta solo di attendere le decisioni dei Della Valle: potrebbe valerne ancora la pena. Potrebbe.

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