Dal Pci ai finiani, questione immorale

aGli ossessivi richiami alla legalità che oggi vanno di moda tra gli ex An vantano precedenti celebri ma sfortunati. Dalla crociata anti Giolitti alle prediche di Berlinguer negli anni ’80, in politica il moralismo è sempre disastroso

Dal Pci ai finiani, questione immorale

Non mancano isole di illegali­­tà in Italia: così una criminalità or­ganizzata radicata in certe aree ma con vaste influenze in tutto il Paese.All’antico sistema di finan­ziamento illegale dei partiti sono subentrate, poi, forme di corru­zione di singoli politici, vi è un de­bole rapporto tra Stato e cittadini indicato da una diffusa evasione fiscale e dal lavoro nero, l’immi­grazione clandestina, infine, crea zone di devianza di solide proporzioni. Sono guasti che pro­vengono in parte da una società caratterizzata da un antico svilup­po duale (Nord e Sud) e da uno Stato che deriva da quello pie­montese con al cuore elementi di elitismo corporativo (vedi la «for­ma » della nostra magistratura), inadeguato ad assicurare la vita normale di una società aperta. Una lunga storia in cui il fascismo cercò di comprimere con la re­pressione le cause dei «guasti» peggiorandoli di fatto alla radice e in cui la Dc guidandoci sulla via del benessere dovette con questi «guasti» fare compromessi ope­rando come fece all’interno del quadro, assai cogente per noi, de­finito dalla Guerra fredda. C’è un sicuro metodo per peg­giorare questa situazione, appel­larsi alla «questione morale» co­me si fece da destra e sinistra agli inizi del Novecento contro Gio­vanni Giolitti «ministro della ma­lavita ». Come fece contro Bettino Craxi, Enrico Berlinguer, come si sente fare oggi non solo dai vari giustizialisti dipietristi o del Fatto ma anche da esponenti dell’ex An. I guasti della società italiana hanno anche bisogno di morali­sti seri, ma richiedono innanzi tutto che le istituzioni facciano il loro mestiere: i pm perseguano reati e non inseguano trame di po­tere o desta­bilizzino lo Stato usan­do impropriamente le indagini, e i politici spieghino che cosa vo­gliono fare, non vantino persona­li­superiorità etiche ridicole anco­ra prima che inesistenti. Sollevare la «questione mora­le » è una sorta di ricostituente che sul momento rinvigorisce i politici che vi si dedicano ma nel medio periodo svuota di ogni energia: come successe al Pci alla fine degli anni Ottanta. Non stron­ca però solo i politici, colpisce a fondo anche l’insieme della socie­tà, perché impedisce di fare i con­t­i con la realtà e avvelena i proble­mi. Così successe contro Giolitti che stava conciliando la società italiana, inserendo nello Stato i ceti popolari, i cattolici, i sociali­sti. Contrastarlo sul terreno del­l’antipolitica finì per preparare la strada al fascismo. Così con Craxi che cercava di modernizzare le istituzioni e superare il consocia­tivsmo degli anni Settanta, colos­sale sfiancatore della spesa pub­blica: sfidare Craxi invece che po­liticamente «moralisticamente» determinò una situazione per cui quando lo Stato entrò in difficol­tà, codardi leader della sinistra Dc e del Pci-Pds utilizzarono la surroga della magistratura, deter­minando tanti dei guasti con cui oggi facciamo i conti. Oggi c’è un ministero degli In­terni «padano» che invece di met­tersi alla caccia delle «entità» aiu­ta a portare in galera carrettate di membri della mafia,della ’ndran­gheta e della camorra come mai si era visto nella storia repubblica­na, c’è un ministro dell’Econo­mia che sta prosciugando area dopo area di evasione fiscale ri­correndo alla conciliazione della società (compito in cui è centrale una svolta federalista) invece che alle crociate repressive,c’è un mi­nistro del Welfare che costruisce le condizioni concrete per supe­rare il lavoro nero e uno della Pub­blica amministrazione che sa che vale più l’informatizzazione e la trasparenza delle procedure per moralizzare lo Stato che l’ope­ra di mille pm. C’è bisogno ora an­che di una riforma per cui i pm siano impegnati perseguire reati e non le loro trame, e i giudici sia­no liberi di giudicare senza inter­ferenze corporative.

Di questo c’è bisogno, cioè di tutto meno che dell’ennesima questione morale dove l’elitismo di destra si unisca a quello di sini­stra (quello alla Maurizio Viroli per cui ogni elettore di Silvio Ber­lusconi è un servo) per protegge­re l’eterno potere di certe corpo­razioni e delle centrali votate al­l’immobilismo della società ita­liana.

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