Il Pd promuove i suoi indagati

Prima la Puglia, ora la Calabria: il partito risolve i problemi con la giustizia premiando anche i condannati. Adamo, ex vice di Loiero, è coordinatore della mozione Franceschini. Tesseramento: respinto solo Grillo. La Spezia: la società è fantasma

Il Pd promuove i suoi indagati

Gian Marco Chiocci - Luca Rocca

Indagati o condannati, comunque premiati. In Calabria la questione morale il Pd di Dario Franceschini la risolve così. Sulla falsariga di quanto accaduto in Puglia, con l’assessore alla Salute Alberto Tedesco, indagato nell'inchiesta sulla sanità, rimosso dalla giunta Vendola e subentrato quale primo dei non eletti al Parlamento europeo, in terra calabra accade lo stesso. Se non di peggio.
Il caso più recente è quello di Nicola Adamo, già vicepresidente della giunta regionale guidata da Agazio Loiero (quella col più alto numero di indagati o coinvolti a vario titolo nelle inchieste di più procure) e attualmente capogruppo regionale Pd, su cui pende una richiesta di rinvio a giudizio per il suo coinvolgimento nell’inchiesta «Why Not?».

Adamo, già coinvolto anche in una seconda e delicata indagine, quella della procura di Paola sull’energia eolica, il 15 luglio scorso, durante un incontro coi big nazionali Piero Fassino, Beppe Fioroni, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, è stato nominato «Coordinatore regionale della mozione Franceschini». Il neo coordinatore, dopo gli applausi di rito, ha avuto anche un cordiale incontro proprio con Franceschini.
Luigi De Magistris, dopo aver lasciato la toga per darsi alla politica, aveva spiegato che l'inchiesta «Why Not?» gli era stata sottratta quando «stavo praticamente per chiudere il procedimento (...) e soprattutto stavo facendo degli atti anche molto importanti (...) omissis (...) che riguardavano esponenti di spicco della politica calabrese». Fra questi quello stesso Nicola Adamo che oggi di De Magistris è alleato, che si oppone al commissariamento della sanità calabrese da parte del governo, tanto da far dire al capogruppo regionale dell’Idv calabrese, Maurizio Feraudo, che forse «ha la coda di paglia», visto che «nel primo biennio dell'attuale legislatura, Adamo era assessore al Bilancio, dunque depositario della regolarità e dell'effettiva consistenza dei conti regionali», oggi completamente sballati.

Questione morale, ma anche un macroscopico conflitto d'interessi che si dipana nel martoriato settore della sanità calabrese, oggetto di tantissime inchieste, non ultima quella per l’omicidio dell’ex vicepresidente del Consiglio regionale, Fortugno. Questa volta al centro dell’attenzione è finita Doris Lo Moro, deputata del Pd ed ex assessore alla Sanità sotto il regno di Loiero. L’ex magistrato, infatti, dal 24 marzo 2009 è componente della «Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali», organo che indaga anche sui disastri sanitari locali e che il 23 novembre del 2007 scese in Calabria e ascoltò proprio l’ex assessore Lo Moro, le cui dichiarazioni, si legge negli atti della commissione, «hanno posto in rilievo anzitutto alcune gravi carenze organizzative e funzionali che delineano una situazione di assoluta emergenza sanitaria».

Ora il Pd l’ha inserita nella commissione che indaga sul suo stesso operato nel periodo in cui ricopriva la carica di assessore regionale. Il controllore controlla il controllato. C'è di più. Il 26 gennaio del 2009 Lo Moro è finita sotto inchiesta per concussione e tentata concussione nell'ambito di un'inchiesta della procura di Reggio Calabria. La vicenda fa riferimento al febbraio del 2007, quindi al periodo in cui ricopriva la carica di assessore su cui ora lei stessa si trova a indagare.

Il terzo caso riguarda un potente manager, Franco Petramala, arrestato nel 1994, quand’era commissario straordinario della Usl di Cosenza, con l’accusa di concorso in abuso d'ufficio, turbativa d'asta e falso ideologico e poi condannato con sentenza definitiva a sei mesi di reclusione per falso in atto pubblico. Loiero e il Pd, per nulla preoccupati, nel gennaio del 2008 lo hanno nominato direttore generale dell’azienda sanitaria di Cosenza, la più grossa della Calabria. Ma la «questione morale» del Pd a Cosenza non finisce qui, perché secondo il parere del senatore del Pdl Antonio Gentile e di alcuni consiglieri regionali calabresi di centrodestra, Petramala ricopre quella carica in violazione della legge.

Il riferimento è al decreto legislativo 502 del 1992 che disciplina la materia e che prevede delle rigide incompatibilità fra chi fa politica e chi dirige la sanità. Petramala è stato candidato alle regionali del 2005 in una lista di supporto all’attuale governatore.

La legge prevede che non possano ricoprire il ruolo di direttori generali tutti coloro che siano stati candidati alle elezioni regionali o politiche, per un periodo non inferiore ai cinque anni successivi al voto. In questo caso ne erano trascorsi meno di tre.

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