Il Pd straparla di regole Voleva solo vincere facile

I TIMBRI È stucchevole questa ossessiva attenzione ai formalismi. Ma anche nel Pdl qualcuno dovrà rendere conto delle superficialità

(...) Semmai Cappato & C. - inutile citare il Pd, conta nulla e in questa vicenda non fa che andare al traino ora dei Radicali ora di Di Pietro - ci spieghino perché la verifica è stata così severa solo per le liste del Pdl. Perché è stato consentito ai Radicali di spulciare nella relativa documentazione benché già stata controllata dagli uffici preposti? Grazie a quali poteri? E perché solo le liste collegate a Formigoni? E se, come dicono mentendo, hanno controllato anche le altre - tutte le altre, proprio tutte, comprese quelle del Pd? - come mai non si sono accorti, ad esempio, degli errori segnalati anche da questo giornale? Errori incredibilmente superficiali e stupidi, è vero, proprio come quelli denunciati da Cappato per le liste di Formigoni. Errori che il buon senso - una manifestazione di intelligenza mentre l’intransigenza è una manifestazione di ottusità - fino a ieri ha consentito di considerare trascurabili.
Da qualche giorno, invece, ci stanno ubriacando con l’ossessiva, retorica ed enfatica ripetizione della parola «regole», finendo per renderla stucchevole e priva di senso. Ma la verità è che questi paranoici delle regole le invocano solo quando fa comodo a loro: Radicali e Pd, in realtà, hanno impudentemente sperato fino alla fine di correre da soli: «Ti piace vincere facile?» recita il divertente spot di una lotteria, «Sì, ci piace - rispondono senza arrossire Cappato & C. - e per vincere facile, per correre da soli tiriamo in ballo le mitiche regole, anche se riguardano un timbro tondo anziché rettangolare, l’uso di un pennarello invece di una biro, scrivere Cernusco S. N. al posto Cernusco sul Naviglio». Già perché le regole sono regole, come disse Mosè scendendo dal Sinai. Tutto il resto viene dopo: dal diritto di voto di alcuni milioni di lombardi al valore di una elezione al senso reale della democrazia. Ma Cappato, atteggiamenti profetici a parte, non è Mosè e quindi le «sue» regole non sono sacre. Tanto è vero che i suoi amati tribunali hanno rimesso le cose a posto. Detto questo, però, resta da chiedere conto di qualcosa di più grave: e cioè della superficialità e dell’approssimazione con cui il Pdl lombardo ha gestito questa imbarazzante vicenda della presentazione delle liste, anche a prescindere dalla pretestuosa denuncia di Cappato. Chi ne è responsabile? Invochiamo il principio del merito... e del demerito.

La Lombardia culla del berlusconismo e Milano città del Cavaliere non meritano questa figuraccia. Chi teme il sorpasso della Lega anche qui da noi dovrebbe subito correre ai ripari, perché con questa gente il rischio è concreto. E comunque non si fa molta strada.

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