Pdl e Lega vincenti grazie ai lavoratori

È la classe lavoratrice che ha premiato con il voto Silvio Berlusconi, il Pdl e la Lega Nord, dipinta come partito di estrema destra, mentre la sua forza è in gran parte fra i lavoratori. Il principale comitato elettorale per Cota a Torino era nella popolare barriera di Milano. Era gestito da un immigrato di origine africana. Sono state premiate la politica del governo per le masse lavoratrici e la sua politica industriale, assieme a quella per la casa e a quella per le grandi opere, come la Tav Torino-Lione, la Tav da Salerno alla Sicilia e il ponte sullo Stretto.
Le vittorie in Lombardia, Veneto, Piemonte, in totale 18 milioni di abitanti, riguardano la maggior concentrazione industriale italiana: il 37 per cento degli occupati e degli addetti all’industria dell’Italia. Le vittorie in Lazio e Campania riguardano altre due aree industrializzate: in totale altri 11 milioni di abitanti, con il 18% degli occupati e il 13% degli addetti all’industria. In totale, aggiungendo la Calabria meno industrializzata del Lazio (dove c’è la Fiat di Cassino) e della Campania (dove c’è la Fiat di Pomigliano), il successo del centrodestra si è verificato in un’area che comprende il 57% degli occupati e la metà degli addetti all’industria dell’Italia, con i maggiori insediamenti della grande industria e la parte più importante del popolo di piccole e medie imprese esportatrici. Di solito un governo, nelle elezioni intermedie regionali, in cattiva congiuntura e con crescita della disoccupazione, perde consensi, specie nelle aree avanzate. È accaduto al presidente democratico degli Usa Barack Obama, lo scorso novembre, nelle elezioni per gli Stati del New Jersey, tradizionale roccaforte democratica, e della Virginia, anche essa di tradizione democratica. I due Stati sono passati ai repubblicani. Non è piaciuta la sua politica per la congiuntura, quasi tutta a favore di Wall Street (cioè delle banche e della Borsa) anziché di Main Street (la strada principale dei piccoli centri, dove vivono i lavoratori). È andata peggio a Nicolas Sarkozy, nelle elezioni regionali di questo marzo in Francia, in cui su 22 regioni in cui si votava ventuno sono andate alla sinistra e una sola, l’Alsazia, è rimasta al suo centrodestra.
In Italia invece il risultato è stato l’opposto. Il centrodestra ha vinto in 6 regioni con un totale di 30 milioni di abitanti mentre la sinistra si è dovuta contentare della vittoria in 7 regioni con un totale di 16 milioni di abitanti. È chiaro che ha pagato la politica del governo di ammortizzatori sociali, la politica di apertura ai sindacati liberi, con la contrattazione decentrata, articolata sul territorio e il diritto all’arbitrato nelle cause del lavoro (la Polverini è leader di un sindacato autonomo). Hanno pagato la politica di bilancio prudente di Tremonti, il suo scudo fiscale che ha rimesso in circolo molto denaro nelle banche, gli incentivi fiscali per il lavoro straordinario. La soluzione rapida del problema dei rifiuti di Napoli e la ricostruzione efficiente nell’Abruzzo dopo il terremoto, guidate da Berlusconi, hanno dato a lui prestigio come uomo politico concreto e ai candidati presidenti del Pdl in Campania e in Calabria la credibilità per farsi portatori di una politica di cambiamento, non basata sull’economia assistita, ma sull’efficienza e le grandi e piccole opere.
Il risultato di questa vittoria dà due premi, che aiuteranno molto per il rilancio economico. Ora sulle venti Regioni italiane, ben dieci sono del centrodestra, solo otto del centrosinistra, mentre una, la Valle d’Aosta, è indipendente.
Ciò ha un risultato fondamentale: il primo premio di questo successo è il diritto al presidente della Conferenza Stato-Regioni che è nominato a maggioranza dalle varie Regioni. Questo è il parlamentino delle Regioni, in cui si delibera sull’urbanistica, sulla casa, sulla sanità, sul federalismo fiscale e su tutte le altre materie in cui c’è una competenza regionale. Dal punto di vista geografico, tutto il Mezzogiorno occidentale dalla Campania, alla Calabria, alla Sicilia è ora del centrodestra.

E ciò comporta un secondo premio, con riguardo alla politica dei trasporti ferroviari e autostradali e marittimi e dell’energia, in rapporto alle competenze regionali, per le grandi opere e alle infrastrutture: gli ostacoli delle Regioni rosse a tali investimenti sono stati sin qui pazzeschi. Federalismo, riforma fiscale per ridurre le imposte, contratti di lavoro decentrati, politica della casa e delle grandi opere e riforma delle pensioni. Il governo ora ha i numeri e la forza per farlo.

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