Pedro Salinas la certezza dell’assenza

Dobbiamo ringraziare l’editore Passigli se nella sua collana di poesia possiamo continuare a leggere opere di grandi autori (ad esempio quelle di Cernuda o Neruda, in occasione del centenario della loro nascita), oppure libri importanti ma dimenticati. È il caso della seconda raccolta di versi di Pedro Salinas (Sicuro azzardo, pagg. 150, euro 14; a cura di Valerio Nardoni), una delle figure più note della prodigiosa fioritura poetica spagnola del Gruppo del 27. L’ossimoro del titolo, oltre a esprimere una nota intellettuale, illustra assai bene lo scavo interiore in cui si dibatte la ricerca di Salinas, che porta alle estreme conseguenze il processo di sublimazione della realtà, scindendola in due parti antinomiche, l’anima e il corpo. Il breve scarto fra il dato mentale e il mondo quotidiano, che già si annuncia in Presagi (1923), ricco di echi becqueriani e risonanze di Antonio Machado e, più concretamente, di Juan Ramón Jiménez, crea un continuo dinamismo che avvalora l’impressione di poter infrangere il sottile velo esistente fra realtà e immagine poetica. Al centro è la figura della donna amata, trasfigurata da un’intensa visione idealistica: «Io non ti vedo. So bene/ che tu sei qui, che sei dietro/ una parete fragile/ di mattoni e di calce, alla portata/ della mia voce, se io ti chiamassi./ Ma io non chiamerò». La gradualità con cui in Sicuro azzardo (del 1929) Salinas va spogliando di concretezza le immagini che osserva dalla vita urbana o prende a prestito dallo schermo cinematografico è ampiamente attestata dal loro potere autocorrosivo. Esse - le cose, gli oggetti - sono lì sulla pagina per essere negate, svolgono cioè una funzione pretestuosa poiché denunciano l’assenza della persona amata raggiungibile solo attraverso il sogno e la fantasia. Già in Presagi la presenza della quotidianità aneddotica era un espediente utilizzato per circoscrivere la sfera della realtà al suo puro dato esterno; il nome dell’amata diveniva una cifra astratta, segreta, espressione dell’essenza spirituale e non fisica della donna, trasformata in pura assenza e silenzio: «Possesso del tuo nome,/unico che mi concedi,/felicità, anima senza corpo./Dentro di me ti porto/perché dico il tuo nome,/felicità, nel mio petto». Ma la poesia di Salinas raggiunge il punto di maggiore ascesi prima con Fabula e segno (1931) e poi con il libro della maturità, La voce a te dovuta (1933), l’esempio più alto e convincente di tutto il canzoniere amoroso spagnolo del ’900. Una ricerca ossessiva per giungere a una definizione atemporale della presenza amorosa, ridotta alla pura essenzialità grammaticale del pronome «tu»: il «tu», nella sua nuda pronuncia, è il nucleo principale attorno al quale si sviluppa e sintetizza il mondo interiore del poeta, ricevendone forza e ragione. Nei versi del libro assistiamo ai continui occultamenti della persona fisica, grazie a un processo di rimozione degli elementi esterni, attuato dal gioco delle domande e delle ipotesi: «Perché hai nome tu.../Se tu non avessi nome,/sarebbe ogni cosa prima, iniziale, inventata/tutta da me,/intatta fino al mio bacio./Gioia, amore: delizia lenta/di gioire, d’amare, senza nome». L’apparente inerzia e il silenzio interposti dalla figura femminile, che non interviene mai nel dialogo, rafforzano il legame di dipendenza dell’«io» dal «tu» amoroso, la cui pienezza libera i due spiriti dall’esperienza caduca del privato trasformando l’amante - i due amanti - in un nuovo essere superiore. Ragione d’amore (1936) chiude la stagione poetica di Salinas prima del suo esilio in America e riconferma la stretta dipendenza tematica del libro con l’opera precedente, accentuando il ripiegamento e la caduta dello slancio vitalistico a favore di un discorso più intimo e riflessivo. Lo scoppio della guerra civile coglie il poeta lontano dalla Spagna; segue un lungo silenzio, poi vengono altri libri (Il contemplato, 1945, Tutto più chiaro, 1949), ma il filo dell’avventura verso l’assoluto si è ormai spezzato.

L’amore e il suo sogno, il sentimento doloroso della solitudine che vive ogni innamorato lasciano sulla pagina spazi bianchi e inarticolati monologhi: lontano è il mondo misterioso di emozioni vissute da Salinas nel segno della fábula e della poesia.

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