Una nuova normativa dellUe vieta, nella fabbricazione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, luso di una mezza dozzina di nuove sostanze, ritenute pericolose. Tra esse vè il cadmio, che, come telluluro, è molto usato nella fabbricazione dei pannelli fotovoltaici: col cadmio dentro quei pannelli dovrebbero essere smaltiti con maggiore cautela delle scorie radioattive. A differenza di queste, che decadono nel tempo e perdono la loro radioattività, il cadmio rimane tale per sempre. È un metallo estremamente tossico e sono già occorse parecchie morti per esposizione acuta a esso, principalmente tra lavoratori che lo usavano. Personalmente, sono convinto che il nostro moderno sistema industriale sia perfettamente in grado di affrontare il problema e usare il cadmio in modo sicuro, per la salute e per lambiente. Esattamente come per i rifiuti radioattivi, che pongono, sì, un problema, ma di ingegneria elementare perfettamente risolto, contrariamente alla leggenda metropolitana che li vuole, invece, problema irrisolvibile.
Curioso, però, il sistema dei due-pesi e due-misure: i ministri dellUe, che di questi tempi, come dei novelli Amleto, si stanno interrogando su nucleare-sì o nucleare-no, sul cadmio non hanno dubbi. Hanno deciso di esentare i pannelli solari dal divieto, che imporrebbe la nuova normativa, di usare il cadmio. Sentite perché i pannelli fotovoltaici non sono tenuti a rispettare la limitazione: «Al fine di conseguire gli ambiziosi obiettivi dellUe in materia di energie rinnovabili e di efficienza energetica», ci dicono i signori Ministri. Ci corre lobbligo di ricordare che gli «ambiziosi» obiettivi sono motivati dal fatto che si vorrebbero ridurre le emissioni di anidride carbonica, che non è un inquinante, anzi è il cibo degli alberi, che di anidride carbonica e acqua sono fatti. Anidride carbonica no, ma cadmio sì. Boh. E sorvolo sul fatto che quelli che i ministri chiamano obbiettivi «ambiziosi» sono in realtà obbiettivi che il fotovoltaico, anche centuplicasse la propria consistenza come per incanto, neanche lontanamente sfiorerebbe.
Limpressione, forte impressione, è che in Ue comandino i tedeschi e a costoro tutti gli altri debbano inchinarsi. I tedeschi sono i principali produttori di moduli fotovoltaici (e di turbine eoliche). La metà dei pannelli fotovoltaici del mondo è in Germania, e danno alla Germania appena lo 0,5% della elettricità che essa consuma, e ciò a prova, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto la tecnologia sia, ai fini della produzione elettrica, una colossale frode. Ma la Germania deve vendere agli allocchi del mondo i pannelli che produce: e che essi inquinino o no o se essi siano una frode o no, ai tedeschi poco importa.
Laltro giorno stavo a dibattere col presidente di Legambiente, lOn. Realacci (Pd), che sosteneva che il suo modello di produzione elettrica è la Germania. La vera verità è che quasi il 90% dellelettricità tedesca è prodotta da, nellordine, carbone, nucleare, e gas: la Germania, nel settore di produzione elettrica è uno dei Paesi che, secondo i parametri ambientalisti, inquinerebbe più di tutti al mondo. Ha devastato il proprio paesaggio con oltre 20mila torri eoliche; peraltro inutilmente, perché leolico le dà appena il 6% dellelettricità che le serve e la tiene in continuo rischio di blackout. Recentemente la Merkel ha ribadito di voler uscire dal nucleare entro il 2022. Balle. Mente spudoratamente, sapendo di mentire. La vera verità è che essa mira a indirizzare la politica energetica dei Paesi del mondo (incluso il nostro), ai quali le industrie tedesche progettano di ammollare quelle fraudolente tecnologie - eolico e fotovoltaico - che i tedeschi producono. Lo ha detto chiaro e tondo, la Cancelliera: «Noi intendiamo essere di esempio per quei Paesi che decidono di abbandonare il nucleare e per quei Paesi che decidono di non cominciare ad usarlo».
Il nostro Paese sta impegnando nel fotovoltaico 100 miliardi di euro per i prossimi 20 anni. Produrranno poco più di un gigawatt dei 40 che consumiamo. Con 100 miliardi si installerebbero 20 gigawatt nucleari, pari alla metà del nostro fabbisogno.
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