Perché la sinistra odia la Milano della Moratti

(...) Palazzo Chigi. Avevano entrambi idee che a molti non piacevano, che non sono state attuate tutte e nel modo migliore, che erano legittimamente criticate, ma che erano almeno idee nuove. In stile milanese. Per carità: volete mettere il fascino d’una gestione governativa bizantina alla Ciriaco De Mita? Volete mettere il fascino degli annunci togliattiani o bertinottiani d’un radioso futuro in falce e martello? Archeologia, ma archeologia che la sinistra pratica con inesausta passione.
Letizia Moratti non piace alla gauche che si autodefinisce colta, non piace ad alcuni insegnanti che la inseguono, se osa partecipare a cortei in occasioni solenni, con insulti irriferibili, urlati a squarciagola. Cronisti compiacenti attribuiscono a quegli insegnanti una passione sincera per il bene della scuola italiana. So che parecchi insegnanti sono di prim’ordine. Ma so egualmente che i loro sindacalisti e molti di loro hanno praticato il corporativismo con spregiudicatezza devastante, ottenendo da autorità deboli la moltiplicazione dei posti e dei costi. Non so quanto la riforma morattiana sia valida: nel ginepraio della scuola un profano non capisce nulla, e gli esperti meno ancora. Ma i ragazzi e le ragazze istigati a demonizzare la riforma ignorano di cosa si discute.
Letizia Moratti impersona a mio avviso molto validamente alcune caratteristiche della migliore Milano: il saper creare, il saper aiutare. Davanti a una miliardaria che si dedica a un’istituzione come San Patrignano anziché pavoneggiarsi a Capalbio mi tolgo il cappello. Questo non stride in nulla con la mia stima per Bruno Ferrante, che quand’era prefetto fece bene il suo lavoro. Ma un prefetto - quanta acqua è passata sotto i ponti del Lambro e dell’Olona da quando il prefetto, in quanto tale, era un bieco strumento della reazione in agguato - rappresenta l’altra Italia: quella ministeriale, quella burocratica, non di sicuro quella che in maggioranza ha votato per la Casa delle libertà e che ha per capitale Milano. Ma alla sinistra, coi tempi che corrono, va straordinariamente a genio l’ex prefetto, ed è invece causa di rigetto Letizia Moratti. Che non ha, nonostante sforzi meritori, i connotati d’una cordialona e d’una buontempona, ma di Milano ha il marchio di fabbrica: il lavoro. Non ci interessano sindaci bravissimi nel tagliare nastri, nel coccolare i bambini, nel pronunciare in discorsi d’occasione le frasi virtuose che scatenano puntualmente l’applauso.

Albertini non era fatto così e gliene rendo grazie. Nemmeno Letizia Moratti è fatta così. Né le parole à gogo né i baci stampati su innumerevoli gote sono ciò che manca all’Italia. Mancano - altrove ben più che a Milano - i fatti.

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