Reti dalle maglie più larghe e una maggiore distanza dalle coste, non meno di 1,5 miglia, che, tradotto in termini di gusto, significa rinunciare a seppie, calamaretti, lattarini, rossetti e tutti quei piccoli elementi che fanno grande una frittura. La Commissione Europea con le sue nuove regole per tutelare le specie a rischio e il nutrimento per i pesci adulti sembra dare un duro colpo ai golosi. Siamo andati a parlare con alcune delle grandi firme del pesce e abbiamo scoperto che, se gli amanti del mangiar bene sentono già nostalgia del fritto di paranza, gli chef, a sorpresa, trovano nel limite un interessante stimolo per la fantasia. Da pochi giorni alle prese con una nuova avventura professionale - è appena diventato chef del ristorante Ottimo (piazza Cola di Rienzo 75; 0632658080) - Marco Coppola vede nel regolamento unesortazione a privilegiare la qualità. «Penso che limpossibilità di usare i piccoli pesci - spiega - sposterà lattenzione su un pescato di maggior pregio. La frittura è sicuramente più gustosa se si prepara con pesci grandi tagliati a quadrettoni, dalla spigola a tonno e pesce spada, per non parlare dellaggiunta di gamberoni. Sono ottime pure alici e sarde. Non avere un prodotto non deve essere un problema, basta ingegnarsi». La frittura cambia aspetto e tecnica. «In questo ristorante lalta cucina si abbina alla ricerca di piatti sani - prosegue -. Per questo propongo il fritto-non-fritto. Si tagliano calamari in anelli sottilissimi, si passano nel pangrattato e si scottano in una pentola di coccio rovente, a fuoco spento e con un filo di extravergine». Favorevole al regolamento pure Gaetano Costa, anima del ristorante che porta il suo nome (via Sicilia 45; 0642016822), da cui, già prima del regolamento, il pesce a rischio di estinzione era bandito. «La mia è una scelta ideologica - dice Costa - e sono favorevole al regolamento, almeno per una decina di anni. Una buona frittura alternativa si può preparare con triglie, magari quelle bianche per interrompere la mattanza delle rosse, merluzzetti freschi e calamari pescati a mano, come facevano i nostri nonni. Certo, questo comporta costi più alti. Una seppia pescata manualmente sta sui 35 euro al chilo, con la rete a 11. I ristoratori, però, non devono abusare dei prezzi. Ci vuole buon senso. Se ci fosse stato in passato, oggi non ci sarebbe necessità di regole. Noi chef dovremmo contribuire a educare al rispetto delle materie prime».
Michele Lombardi, proprietario e chef del Funghetto (via Litoranea 11412, Borgo Grappa - Latina; 07733208009), qualche preoccupazione ce lha, non per le regole però, ma per la loro applicazione: «Il vero problema sono i controlli che dovranno essere stretti. Qualcuno che pescherà ugualmente ci sarà. Succede sempre. Inoltre, sul mercato, oggi, arrivano prodotti da tutto il mondo. I ristoratori devono essere coerenti, continuando a lavorare con il pescato locale, senza cercare in paesi lontani, dal Dubai alla Costa dAvorio, ciò che non si può pescare qui. Meglio cambiare la carta. Il gusto non sarà penalizzato. Nel fritto sono buonissimi occhioni e zeri, che la gente non conosce, ma può imparare ad apprezzare». «Non si può da un giorno allaltro bloccare un intero sistema di pesca - commenta Gianfranco Pascucci, anima di Pascucci al Porticciolo (viale Traiano 85; 0665029204; Fiumicino) - Bisognerebbe valutare le diverse realtà delle coste italiane e prevedere deroghe. Il mare va tutelato e, per farlo, noi chef ci ingegneremo. Il dramma sarebbe farsi prendere dal panico e rimanere senza idee. Alici e sarde possono essere valorizzate nella frittura, perfetti pannocchie, calamari e diversi pesci azzurri, magari in tempura fatta con extravergine di oliva. In cucina non bisogna seguire le mode, si rischia di distruggere l'ecosistema.
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