PETER HALL La città? Nasce da un colpo di genio

Un’intera generazione scoprì che si poteva vivere anche in campagna, con lo sfollamento (1942). E solo negli ultimi decenni del passato millennio qualche giovane o meno giovane ha cominciato ad accorgersi anche in Italia che conviene lavorare in centro e vivere fuori (a patto di avere orari elastici). In Germania lo si era sempre fatto. Eppure la città è l’eccezione, la campagna la regola. Se sorvolate una zona fittamente popolata, come la valle del Ticino, vi accorgete che, nonostante tutto, prevale il verde.
Ebbene, se la città è l’eccezione conviene studiarla. È quanto fa, da oltre mezzo secolo, sir Peter Hall, che nel 2005 è stato insignito del premio Balzan per la Storia sociale e culturale delle città dall’inizio del XVI secolo. Ora, domani e mercoledì, sir Peter terrà a Milano due Balzan distinguished lectures (al Politecnico e alla Bocconi). Le sue ricerche - che sul campo si sono svolte in tutt’altri Paesi - per le loro conclusioni interessano anche l’Italia. Conclusioni, peraltro, che sir Peter Hall, da buon britannico, trae con molta prudenza. Citando Francis Scott Fitzgerald, scrive nella Apologia pro vita sua: «Il segreto continuamente ci elude, eppure continuiamo a cercarlo: nasciamo di continuo verso il passato».
Appunto perciò il passato che Hall indaga non è remoto. Una città come Roma, ad esempio, urbs divenuta orbis e rinnovatasi come tale col cattolicesimo, anche quando di fatto era un villaggio di pastori, è fuori del suo orizzonte. Il passato che lo interessa è un presente, che rimane tale, anzi si espande, a patto di rinnovarsi continuamente. Così fa anche il capitalismo secondo Joseph Schumpeter (1883-1950), di cui Hall celebrò nel 1983 il centenario della nascita, coincidente con quello di Lord Keynes, nonché della morte di Karl Marx, dicendo: «Centenario di grandi economisti, di cui uno dimenticato». Questo, però, non lo direi: come economista Schumpeter era allora ed è oggi ben più vivo degli altri due.
Il pozzo di scienza economica a cui si rifà di fatto Peter Hall è Alfred Marshall. Una citazione dai Princìpi del 1890 illumina prodigiosamente il formarsi di quelli che oggi si chiamano «distretti produttivi» - il cui esempio più impressionante è la Silicon valley -, profetizzati dal Marshall così: «Se un uomo mette in moto una nuova idea, altri si associano e la combinano con suggerimenti propri (...). Attività secondarie sorgono nei dintorni a fornire servizi e materiali».
È come se, in certi luoghi, certe idee fossero «nell’aria», dice il Marshall; e questo «essere nell’aria», che piace molto a Hall, è l’origine di quella «economia degli immateriali» che oggi è di gran moda.
Sir Peter Hall si è anche domandato, a lungo, se tutto ciò si possa pianificare. È stato per 13 anni membro del Comitato per la pianificazione economica del Sudest, prima che Margaret Thatcher lo abolisse nel 1979. Sappiamo che la grandezza politica della Thatcher consisté soprattutto nell’abolire. È vero che nel Sudest la pianificazione urbana diede buoni frutti, ma altrove le «città radiose» di Le Corbusier, ironizzate da Eugène Ionesco, divennero agglomerati in cui nessuno voleva vivere. La spinta dall’esterno si può progettare - ad esempio con ingenti commesse militari, come per il Gunbelt americano - ma lo spirito flat ubi vult; ovvero «è nell’aria».
Dopo una proficua ma non felice esperienza americana, Hall ritorna a Londra e dà ai suoi studi un nuovo slancio. Nel 1998 esce La città nelle civiltà, dove l’innovazione industriale è affiancata, anzi preceduta, nel formarsi della vita urbana, da una «creatività artistica che ha modellato la fortuna di città per secoli»: Atene, Firenze, Londra, Parigi; ma anche Hollywood. Ford, per Detroit, fu un’idea (l’auto per tutti); e lo stesso Bill Gates per la Valle del silicio. Ma l’esplosione del «colpo di genio» (burst) non si esaurisce a patto di generarne altre. Così si spiega l’espandersi di centri come Londra o Parigi, non per decenni, ma per secoli.
Non sempre l’espandersi è dominato da un unico centro. Nella Ruhr, ad esempio, o nel Rundstad olandese si è formata una «metropoli multicentrica», in cui più città funzionano indipendentemente l’una dall’altra, a patto che un centro originario, come Amsterdam, Düsseldorf o Zurigo abbia disseminato tutto intorno la sua capacità organizzativa. Ciò avrebbe il vantaggio, secondo Hall, di evitare quella «ghettizzazione» delle periferie che ha dato origine ai recenti disordini di Francia.
Applicare all’Italia gli studi di sir Peter Hall avrebbe un interesse enorme. L’Italia è sempre stata una terra di civiltà urbana multicentrica. Nella parlata stessa «urbano» ha una connotazione positiva, «villano» negativa. Innumerevoli centri storici conservano un’individualità vivace. Al tempo stesso, però, occorre che le città respirino l’aria di campagna, senza confondersi con il contado ma senza staccarsene. Questa necessità è entrata abbastanza nelle nostre coscienze. Ora si tratta di rianimare, su tutto il territorio, quell’inventività che un tempo lo distingueva e che, dopo l’unità, fatica a dare i suoi frutti appunto nel Meridione «conquistato».
Anche in Inghilterra c’è una questione settentrionale: mentre il Sudest prospera, il Nord sembra rimasto ai tempi della prima rivoluzione industriale. L’indagine di sir Peter Hall potrebbe quindi applicarsi al nostro meridione, per far riprendere a tanti centri storici la disseminazione di idee che li caratterizzava.


Troppo spesso si è fatto il contrario: si sono importati al Sud, con sovvenzioni dello Stato, modelli fordisti di grandi stabilimenti, che hanno fatto il loro tempo anche al Nord, ma che piacciono ai «partiti di massa» per la facilità di controllarli attraverso i sindacati. Lo Stato fornisca servizi e sicurezza: al resto, a inventare il nuovo, ci penseranno i meridionali.

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