Neanche il mancato deposito dei verbali delle dichiarazioni dell'ex pentito Vincenzo Scarantino è sufficiente alla revisione del processo Contrada. Anzi, la mancata introduzione al dibattimento di quelle accuse (scoperta solo di recente dopo che ne ha parlato il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia nel suo libro «Il labirinto degli dei») ha indirettamente favorito l'ex 007, perché quelle dichiarazioni, pur false, avrebbero potuto essere considerate verosimili quando ancora Scarantino veniva considerato un pentito affidabile.
Con questa motivazione il pg di Caltanissetta Antonino Patti ha detto «no», ancora una volta, alla richiesta di revisione del processo con immediata sospensione della pena per Contrada presentata dal legale dell'ex funzionario del Sisde, l'avvocato Giuseppe Lipera. L'ultima parola spetta alla Corte d'appello nissena. Ma già il «no» della Procura generale è già indicativa. Ed è probabile che arrivi l'ennesimo «no».
Singolari le ragioni del diniego. Perché il pg, pur ammettendo un fatto oggettivo, e cioè che esistono dei verbali che effettivamente non sono mai stati prodotti a dibattimento, che risalgono alla prima metà degli anni '90 (quando ancora cioè era in corso il processo di primo grado a carico dell'ex 007, cominciato nel 1994 e chiuso il 5 aprile del 1996) dice che non è necessario fare alcun approfondimento. Tanto più che, in anni recenti, è emersa la falsità della collaborazione di Scarantino.
«All'epoca della celebrazione del processo Contrada di primo e secondo grado - scrive il pg - la credibilità dello Scarantino, pur nel quadro di una collaborazione per molti aspetti travagliata, appariva abbastanza solida, se è vero come è vero che le sue dichiarazioni ebbero un peso considerevole nella condanna di alcuni degli imputati per la strage di via D'Amelio. Pertanto, appare abbastanza problematico poter esostenere che nel '95, o '96, o 2005 la conoscenza di queste dichiarazioni dello Scarantino e della conseguente attività di riscontro con esito negativo, potesse giovare alla difesa del Contrada, considerato che all'epoca non si avevano quelle notizie, acquisite di recente sul personaggio, che consentissero di delinearne o di dimostrarne in processo la scarsa attendibilità». Di conseguenza la decisione del pm «di non avvalersi del "contributo" accusatorio dello Scarantino nel processo Contrada non appare in concreto avere menomato in alcun modo la posizione dell'imputato». Di più: «Il versamento in dibattimento di dichiarazioni del predetto collaboratore (Scarantino, ndr) anche se prive di riscontri, avrebbe comunque potuto, paradossalmente, persino incidere negativamente sulla detta posizione, anche in considerazione della valenza, magari puramente suggestiva, magari probatoriamente minima e non facilmente smentibile di dichiarazioni spesso tutt'altro che "minuziose e precise"».
Insomma, secondo il pg di Caltanissetta, le accuse false di Scarantino, se generiche, potevano pure essere ritenute credibili perché era il pentito, all'epoca, a essere considerato tale.
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