«Più spazio alle donne nella Chiesa E selezionare meglio santi e beati»

Intervistato dalle tv tedesche, Ratzinger esalta il ruolo femminile nel clero e annuncia una svolta nelle canonizzazioni

Andrea Tornielli

da Roma

Le donne nella Chiesa «con il loro slancio e la loro forza sapranno farsi il loro spazio». Parola di Benedetto XVI, che lo scorso 5 agosto ha rilasciato una lunga intervista alle testate televisive tedesche e alla Radio Vaticana in vista del viaggio in Baviera previsto dal 9 al 14 settembre prossimi.
Nell’intervista trasmessa ieri sera, non sono mancati i toni lievi: «Io non sono un uomo - ha ammesso Ratzinger - a cui vengano in mente continuamente delle barzellette. Ma saper vedere anche l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche necessario per il mio ministero». Però il Papa, che ha parlato di molti argomenti, ha risposto anche a domande su temi centrali del dibattito cattolico, come il ruolo della donna nella Chiesa: «Su questo argomento – ha detto Ratzinger – naturalmente si riflette molto. Noi riteniamo che la nostra fede, la costituzione del collegio degli apostoli ci impegnino e non ci permettano di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne. Ma non bisogna neppure pensare – ha aggiunto il Papa – che nella Chiesa l’unica possibilità di avere un qualche ruolo di rilievo sia di essere sacerdote. Nella storia della Chiesa vi sono moltissimi compiti e funzioni. A cominciare dalle sorelle dei Padri della Chiesa, per giungere al medioevo, quando grandi donne hanno svolto un ruolo molto determinante, fino all’epoca moderna. Pensiamo a Ildegarda di Bingen, che protestava con forza nei confronti di vescovi e del Papa; a Caterina da Siena e a Brigida di Svezia. Così anche nel tempo moderno le donne devono – e noi con loro – cercare sempre di nuovo il loro giusto posto. Oggi, esse sono ben presenti nei dicasteri della Santa Sede».
Benedetto XVI ha ricordato che c’è un problema giuridico legato al fatto che nel diritto canonico il potere di prendere decisioni vincolanti è legato all’ordine sacro. «Ma io credo che le stesse donne, con il loro slancio e la loro forza, con la loro – per così dire – preponderanza, con la loro “potenza spirituale”, sapranno farsi il loro spazio. E noi dovremmo cercare di metterci in ascolto di Dio, per non essere noi ad opporci a Lui, ma anzi rallegrandoci che l’elemento femminile ottenga nella Chiesa il posto operativo che gli conviene, a cominciare dalla Madre di Dio e da Maria Maddalena».
Un altro tema emerso più volte nel corso dell’intervista è quello dell’insistenza della Chiesa sulla morale e sui divieti.
In una domanda è stato fatto osservare che durante il viaggio a Valencia, nella Spagna di Zapatero, Benedetto XVI si è astenuto da pronunciare anatemi e condanne. «Il cristianesimo, il cattolicesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva – ha detto il Pontefice –. È molto importante che lo si veda nuovamente, poiché questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa. Si è sentito dire tanto su ciò che non è permesso, che ora bisogna affermare: noi abbiamo un’idea positiva da proporre. L’uomo e la donna sono fatti l’uno per l’altra, esiste – per così dire – una scala: sessualità, eros, agape, che sono le dimensioni dell’amore, e così si forma dapprima il matrimonio come incontro colmo di felicità di uomo e donna, e poi la famiglia, che garantisce la continuità fra le generazioni, in cui si realizza la riconciliazione delle generazioni e in cui si possono incontrare anche le culture. Anzitutto, dunque, è importante mettere in rilievo ciò che vogliamo. In secondo luogo, si può poi anche vedere, perché certe cose non le vogliamo». «E io credo – ha aggiunto Ratzinger – che occorra riconoscere che non è un’invenzione cattolica che l’uomo e la donna siano fatti l’uno per l’altra, affinché l’umanità continui a vivere: lo sanno in fondo tutte le culture. Per quanto riguarda l’aborto, esso non rientra nel sesto, ma nel quinto comandamento: “Non uccidere!”. E questo dovremmo presupporlo come ovvio, ribadendo sempre di nuovo: la persona umana inizia nel seno materno e rimane persona umana fino al suo ultimo respiro. Perciò deve sempre essere rispettata come persona umana. Ma ciò diventa più chiaro se prima è stato detto il positivo».
Il Papa ha poi affrontato il tema del laicismo e della secolarizzazione: «Nel mondo occidentale oggi viviamo un’ondata di nuovo drastico illuminismo o laicismo, comunque lo si voglia chiamare. Credere è diventato più difficile, poiché il mondo in cui ci troviamo è fatto completamente da noi stessi e in esso Dio, per così dire, non compare più direttamente. Non si beve alla fonte, ma da ciò che, già imbottigliato, ci viene offerto. Gli uomini si sono ricostruiti il mondo loro stessi, e trovare Lui dietro a questo mondo è diventato difficile».
E ha spiegato che «la pura razionalità sganciata da Dio non è sufficiente, ma occorre una razionalità più ampia, che vede Dio in armonia con la ragione, dobbiamo mostrare che la fede cristiana che si è sviluppata in Europa è anche un mezzo per far confluire ragione e cultura e per tenerle insieme in un’unità comprensiva anche dell’agire. In questo senso – ha osservato ancora il Papa – credo che abbiamo un grande compito, di mostrare cioè che questa Parola, che noi possediamo, non appartiene – per così dire – ai ciarpami della storia, ma è necessaria proprio oggi».


Benedetto XVI ha quindi parlato della sua scelta di «decentrare» le cerimonie di beatificazione affidandole alle comunità locali («Forse un santo del Guatemala interessa meno noi in Germania e viceversa uno di Altötting forse non trova tanto interesse a Los Angeles e così via»), ammettendo di aver avuto inizialmente «l’idea che la grande quantità delle beatificazioni quasi ci schiacciasse e che forse bisognava scegliere di più» e proponendo che sulle figure dei grandi santi e beati vengano realizzati dei film come aiuto alla catechesi.
Ha infine manifestato la volontà di «andare nella Terra Santa, e spero di poterla visitare in tempo di pace».

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