PIERRE BOULEZ alla Scala Un Natale senza i «Salmi»

Il Coro dà forfeit: salta la Sinfonia dal concerto dedicato a Stravinskij

Davvero un peccato che per le consuete e non sempre motivate ragioni, anche il Coro della Scala si schieri contro. E, con l'astensione di questa sera, elimini dal tutto Stravinkij del Concerto di Natale proprio la Sinfonia di Salmi. Lo Stravinskij che nel '30 aveva commentato con timbrica pietrificata alcuni versetti dei salmi 38, 39 e 150. Insomma l'unico brano agganciato a un testo biblico.
Quella partitura che non c'è più segnava anche un momento particolare del Coro, chiamato nell'82 a Venezia, dove Stravinskij riposa nel cimitero ortodosso di San Michele, per commemorare con Bernstein il centenario della nascita. E staremo senza Salmi. Ma ben consolati dalla presenza sul podio del Piermarini di Pierre Boulez. Compositore, saggista, organizzatore, divulgatore e «anche» bacchetta prestigiosa.
Boulez sul podio della Scala non è una novità. Registriamo l'altro ieri (1979) del Festival Berg con l'integrale di Lulu e i complessi dell'Opéra di Parigi, il ieri dell'Intercontamporain, il domani (2 luglio 2007) della Staatskapelle di Berlino con la VI di Mahler. Ma il maestro non ha mai lavorato con la nostra orchestra né con altra compagine italiana.
Dunque leviamo i calici. E non scordiamo il Concerto di Natale 2005 con Daniel Baremboim e la nostra Filarmonica. Allora il «maestro della Scala», s'era dichiarato assai soddisfatto della collaborazione, consegnando oggi a Boulez un motivo in più. Che si aggiunge alla valutazione in diretta del Festival '79, quando la Filarmonica era guidata da Claudio Abbado. E alla valutazione del lavoro svolto per due decenni da Muti sulle nuove leve. Insomma Boulez, e il cilindro di Stéphan Lissner che pare davvero senza fondo.
La sua presenza evoca mille imprese. Bayreuth, e il Ring formato Dvd 1980 realizzato con Patrice Chéreau. Il regista della Tetralogia del centenario, uno dei nomi portanti della Werkstatt Bayreuth, l'Officina di Bayreuth, come la chiamava Wolfgang Wagner il quale, forse sulla scia dello scomparso fratello Wieland, amava affidare i nuovi allestimenti a giovani direttori e registi. Per svecchiare e sdrammatizzare.
Un altro flash evoca Le marteau sans Maître (alla Scala con Bruno Maderna) e Pli selon Pli, partiture di Boulez divenute balletti di Béjart. Un altro ancora conduce a Aix-en-Provence dove il '98 vedeva il festival nelle mani di Lissner, Don Giovanni responsabile del lancio di Daniel Harding e Il castello di Barbablù diretto da Boulez e doppiato dagli artisti del Tanztheater di Pina Bausch.
Coincidenze singolari, ma non troppo. Che danno anche al nostro nuovo sovrintendente il merito della presenza in città dell'ospite oggi ottantunenne. L'impaginato, orfano dei Salmi, consola alla grande con la presenza di Le sacre du printemps, balletto del 1913 per i Ballets Russes e emblema delle avanguardie musicali.
Al selvaggio magma sonoro del Sacre risponde l'esotismo magico-fiabesco di Le chant du rossignol (1917), il titolo di apertura.

Un poema sinfonico ricavato nel ’17 dal II e III atto dell'opera Le Rossignol. Sacre e Rossignol, sono accomunati dall'appartenenza al cosiddetto periodo russo di Stravinskij. I Salmi che non ci sono più alla successiva svolta neoclassica.

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