Di Pietro & Ferrando i capipopolo

Roma«È una forma di lotta dannosa innanzitutto per i lavoratori che la praticano. Spero in una soluzione seria che non danneggi cittadini e utenti». A parlare è Massimo D’Alema. E certo colpisce che un leader di centrosinistra, non sospetto di simpatie per il governo, sia così duro coi manifestanti. Eppure è così: il passaggio allo sciopero selvaggio ha diviso anche l’opposizione. Da un lato chi si tira indietro censurando gli estremismi; dall’altro i professionisti della protesta, che come i Blues Brothers di John Belushi «quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare».
Falce, martello e Alitalia. Bene, eccoli i duri, i duri e puri di Marco Ferrando, per esempio, trotzkisti di ferro. Anche ieri le bandiere del suo Partito comunista dei lavoratori - con la falce e martello rossa in campo blu - sventolavano a Fiumicino. Fino all’inizio della trattativa il Pcdl non aveva nessun particolare radicamento nel personale dell’Alitalia: adesso lo stanno cercando, con la mobilitazione permanente. Sono pochi, forse, ma ipermetodici: dove c’è una protesta, ci sono loro. Sono nati da una scissione di Rifondazione comunista, hanno esordito a Vicenza, nella famosa manifestazione che costò la crisi a Romano Prodi. Proclama oggi con orgoglio Marco Ferrando, il leader: «Posso dire con certezza matematica di essere l’unico che ha messo la faccia in tutti i presidi, in tutti i cortei, in tutte le manifestazioni, le veglie notturne di lotta a Fiumicino da quando è iniziata la crisi fino ad oggi!». Praticamente un record. E se gli chiedi se questa mobilitazione produca consenso, in mezzo ad alcune categorie storicamente schierate «a destra» ti risponde: «Ormai è scattato un tale legame di fiducia che mi chiamano sempre loro». Professionista della protesta? «Professionista mi pare un complimento, non spetta a me farmelo. Direi sicuramente che copriamo un vuoto. Ma voi lo sapete - domanda retoricamente Ferrando - che fra tutte le organizzazioni sindacali ufficiali non ce n’è una che abbia fatto una sola ora di sciopero? Persino il fronte del no: si è mobilitato molto, ma fino ad ora non ha fatto nemmeno un minuto di sciopero! Non uno». Ferrando è molto soddisfatto anche della presenza nell’Onda, e spiega perché studenti e lavoratori Alitalia siano per lui vicini: «Con il nostro partito siamo in tutte le università italiane. Il movimento ha tenuto e il governo ha indietreggiato. Ai lavoratori dell’Alitalia ho portato l’esempio degli studenti e ho detto: non si può giocare col fioretto mentre gli altri tirano le cannonate. Solo la forza della mobilitazione può piegare la forza del padronato». Per un leader che radicalizza la protesta, ce n’è un altro che la snobba. L’ex ministro del Lavoro Tizaino Treu, all’epoca nella Margherita, oggi nel Pd: «Alla precettazione - dichiara - non c’è alternativa. Ci troviamo di fronte ad una situazione paradossale con un’offensiva che va contro Alitalia che è in condizioni disperate». Treu condanna durissimo: «È una situazione che dipende da scelte politiche, ma anche dal fatto che una parte del sindacato è stata assolutamente irresponsabile. A cominciare dai piloti che pretendono di essere i soli a mandare avanti la compagnia. Un drammatico equivoco per una categoria che ha sempre pensato di dettare legge».
Pedica, «il centrista» d’assalto. Per un leader di sinistra che fa un passo indietro, ce n’è uno centrista che ne fa uno avanti. È il senatore Stefano Pedica, uno con un passato da moderatissimo diniano, che si è gettato nella protesta con passione da agitatore doc. Se vai sul suo sito trovi i video dell’onorevole in giacca e cravatta che sale sul palco con il megafono in mano e grida: «Come sapete l’Italia dei valori è sempre al fianco dei precari sin da quando era nel governo Prodi!». Grazie alla battaglia della Cai Pedica ha subito una vera e propria metamorfosi: è diventato un blogger, un arringatore di folle, uno che mette su Youtube i video di tutte le sue esternazioni. Memorabile quello in cui grida: «Come per la scuola non vogliamo studiare sui libri di Berlusconi, così sull’Alitalia non vogliamo volare sugli aerei di Berlusconi!». E che dire della battutaccia sul Pd? «Devono dimostrare di non essere ministri ombra, o peggio, l’ombra di un ministro!». Ma Pedica, in fondo, segue la scia del suo inarrivabile maestro. Tonino Di Pietro, che ormai - ogni volta che mette piede a Fiumicino - viene accolto come un salvatore. Anche Tonino ha iniziato a interessarsi del caso mentre ancora al Pd dormivano. Anche se, a dire il vero, con una battaglia che forse all’epoca non entusiasmava i lavoratori Alitalia. L’ex pm, infatti, era il nemico giurato del prestito-ponte: «Berlusconi sbaglia, è un aiuto illegittimo».

E poi, nel momento più duro della trattativa, quando la Cai minacciava di assumere i piloti della Ryanair e Matteoli ipotizzava che non ci fosse cassa integrazione per chi non firmava: «In uno stato di diritto, Matteoli dovrebbe finire direttamente davanti al tribunale dei ministri per estorsione aggravata nei confronti dei lavoratori». Tonino è diventato capopopolo di linea, abbracciatore di hostess, difensore di piloti, animatore di precari. Cavalcare la protesta fa bene. Soprattutto a chi la cavalca.

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