Pina, Marinin, Giannina e quei peccati di gola nelle ricette di un tempo

Quando la ricotta si chiamava «giuncata», la bouillabaisse diventava «boiabassa», i savoiardi si chiamavano «savoirini di Adriana B.», e il dolce era «la torta di guerra di zia Teresa»: era quando, fra Ottocento e prima metà del Novecento, in cucina s’avvicendavano la Marinin e poi anche la Pina, che hanno fatto da avanguardia, in qualche modo - ma sempre in modo molto gustoso -, a Giannina. Tutte e tre liguri e buongustaie, in quel di Alassio, ma soprattutto dispensatrici di ricette di gastronomia e di vita. Che ora trovano meritata divulgazione in un libro - «Le ricette ritrovate», De Ferrari editore - e mostrano, nella loro semplicità e freschezza e nei riferimenti a usi, costumi e, perché no?, peccati di gola dell’epoca, uno spaccato della contemporaneità visto dalla prospettiva di pentole e tegami, di forni e fornelli.
Le hanno trovate, lette e trascritte, queste ricette - erano tutte redatte rigorosamente a mano, su fogli di carta di quaderno! - Lele Campanella e Gianluigi De Marchi, curatori del libro e, a suo tempo, «fruitori» entusiasti di quei piatti e di quelle atmosfere. Si va dalle versioni più autentiche di ricette tradizionali - a cominciare da pesto, baccalà con fagioli e stoccafisso accomodato, ragù con punta di petto e torta di verdura - alle personalissime interpretazioni. Come nel caso del «vitello al tonno del signor Olivieri»: «Fate bollire 1 chilo di rotondino con una cipolla, una carota e un chiodo di garofano. Pestate mezz’etto di tonno (dopo averlo sbollentato) con due o tre acciughe, la cipolla e la carota. Allungate con olio e limone. Vi si può aggiungere della maionese. Si taglia il bollito raffreddato e si copre con questa salsa guarnendola di capperi».
I dolci, però, la fanno da padrone, come si conviene in una famiglia della buona borghesia quale era quella delle tre autrici-protagoniste: Pina (Giuseppina Campanella in Balduzzi), Marinin (Maria Murchio in Campanella) e Giannina (Giovanna Clara Parodi-Smith in De Marchi). Le quali passarono indenni tra le guerre e le ambasce familiari, coltivando l’amore per il focolare domestico, gli amici e il convivio in quanto opportunità di rinsaldare legami antichi o farne nascere nuovi. È forse questa la ricetta più riuscita, fra quante se ne trovano, di riuscitissime, nel libro arricchito dalle vignette di Antonio Tubino.

«Bun ciù bun fa bun», buono più buono fa buono, diceva la Marinin. E non valeva, evidentemente, solo per le sue tante leccornìe.
«Le ricette ritrovate» di Pina Balduzzi, Marinin Campanella e Giannina De Marchi, De Ferrari Editore, 112 pagine, 13 euro.

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