Pioggia, code, urla e clacson. Viaggio nella rabbia di Roma

La Capitale in ginocchio: bolgia alla stazione Termini, bivacco a Fiumicino

Pioggia, code, urla e clacson. Viaggio nella rabbia di Roma

Roma - È mai possibile che poco più di 7mila macchine - nel senso delle quattro ruote, non quelle spaventevoli di Alien - riescano a paralizzare da 48 ore una città di tre milioni d’abitanti, gelando un territorio comunale che si estende per 18 mila chilometri quadrati? È possibile se questa città si chiama Roma. Non solo e non tanto per i precedenti storici dei Goti e dei Vandali o per quelli più recenti degli scalmanati all’assalto di stadi e commissariati; e nemmeno perché ieri sulla città eterna pioveva pure. Ma ancor più e principalmente perché Roma si ritrova un sindaco col doppio incarico, che con la testa è proiettato in un palazzo diverso dal Campidoglio, e che si rivela umile coi forti e spietato coi deboli. Beninteso, i tassisti romani sono tutt’altro che deboli, pur trovandosi ora sotto il maglio di Walter Veltroni. Deboli e umiliati sono i cittadini, il popolo romano che ogni giorno subisce un sopruso o una catastrofe e maledice financo i piemontesi che sono venuti a «liberarlo» dal papa re. Bisognava girar per Roma dall’altro ieri sera, sguazzar nelle pozzanghere dei tombini intasati o delle buche nell’asfalto e sui marciapiedi, i sampietrini sconnessi e lerci, il traffico bloccato dai taxi inchiodati in mezzo alla strada, clacson impazziti, automobilisti inviperiti e urlanti, mucchi di vecchine e povera gente sotto gli ombrelli ad aspettare un tram che non arriva mai. Immaginate che cosa sia la Stazione Termini a vomitar dalle sue grandi vetrate passeggeri che non trovano un autobus e tanto meno un taxi, a causa della protesta di quest’ultimi? Una bolgia infernale. E i grandi viali alberati, una poltiglia di foglie che ormai cadono più della pioggia e acqua che non scorre, sta lì minacciosa e putrida come il traffico? All’aeroporto di Fiumicino non c’erano blocchi stradali, ma non un solo taxi ha caricato dei passeggeri, e il Leonardo da Vinci s’è trasformato in un bivacco incredibile di gente e bagagli che cercava riparo dalla pioggia.
Non solo i terminali di viaggio e gli snodi del traffico hanno ceduto sotto il blocco della pioggia e dei tassisti. Anche i luoghi centrali ma non troppo come Piazza Bologna, sembravano i bassifondi di Blade Runner. Piazza Venezia poi, col cantiere della metropolitana e i ponteggi sul Vittoriale, gli ombrelli e l’acqua dappertutto, quelle lunghissime file bianche di taxi, offriva uno spettacolo surreale. Pure il Campidoglio era circondato, e l’assedio non risparmiava nemmeno la scalinata dell’Ara Coeli.
E tutto questo perché? Perché il sindaco e segretario del Pd ha ingaggiato un braccio di ferro coi tassisti e ignora lo sfascio del trasporto pubblico; perché ha curato più le feste che l’asfalto e le fogne; perché punta all’immagine e ha abbandonato il modello Clinton per quello Sarkozy. Forse sogna la Thatcher contro i minatori, pur se i tassisti romani sono molti di meno. Nemmeno quelli menzionati dalle fonti, perché nei 7.218 son comprese anche le 1.450 licenze generate dal ministro Bersani e dai poteri speciali concessi al sindaco, solo parzialmente in funzione. Veltroni gliene ha sparate altre 500, e quelli si sono infuriati, blocchi stradali e sciopero immediati quanto spontanei. In soccorso del sindaco sono corsi quasi tutti i giornali, quelli nazionali perché di sinistra, quelli cittadini perché proprietà di costruttori romani che devono cantar sempre “viva il parroco“ di qualunque ordine religioso egli sia, se vogliono gli appalti. I tassisti si difendono distribuendo volantini spiegando che non c’è lavoro sufficiente e 500 in più affameranno gli altri, che i costi aumentano e i prezzi son fermi da otto anni, e così via. Ieri pomeriggio i blocchi son stati tolti, sperando che Veltroni torni al tavolo della trattativa. Hanno una decina di sigle sindacali, forse troppe ma tutte compatte nella protesta, pure Cgil, Cisl e Uil. Sconfessate però dai vertici nazionali, perché Epifani, Bonanni e Angeletti tifano ovviamente per Veltroni.
Ma siamo seri e obiettivi, perché far la guerra ai tassisti imponendo altre 500 licenze, o pretendendo il controllo satellitare «per controllare i turni», e non preoccuparsi invece che al deposito Atac di Tor Vergata, che serve un decimo della città, ogni giorno saltano 500 corse? La povera gente non prende il taxi, ed è una leggenda metropolitana quella che li vuole scarsi a Roma.

Vero è che a Londra si contano 19 mila cab, ma il rapporto Bankitalia del febbraio scorso dice che sono 16,8 ogni 10 mila abitanti, a Parigi 13 taxi ogni 10 mila abitanti, a Milano 28,2 e a Roma 26,5. E piove pure, governo ladro.

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