Poli d’accordo: nuova legge elettorale

Gianni Pennacchi

nostro inviato a Telese (Benevento)

Sì sì, le larghe intese in politica estera, la Grosse Koalition per governare, il patto istituzionale per riscrivere insieme la Costituzione, la maggioranza da allargare o congelare. Di tutto e di più han proposto i partecipanti al dibattito principale del quarto giorno di Festa del Campanile. Illustri e di richiamo, trattandosi di Massimo D’Alema accolto come ogni anno dal cartello «Max nato numero uno», Giulio Tremonti che più lo fischiano (la platea è decisamente schierata) e più si esalta, Clemente Mastella padron anfitrione, Mario Baccini a rappresentare l’Udc. Ma qualunque formula venisse avanzata da uno, subito gli altri l’affossavano in coro. Così infine, l’accordo minimale è stato trovato sulla legge elettorale: va modificata senz’altro, perché non piace a nessuno, chi per un verso chi per l’altro.
Dunque avremo una nuova legge elettorale, probabilmente assai prima di nuove norme sul conflitto di interessi, perché tutti i leaders si dicono d’accordo sulla necessità di farlo «per tempo», in modo che sia in vigore per le prossime elezioni politiche anche se dovessero giungere prima della scadenza naturale.
Ad introdurre il tema è stato Baccini, dopo che non producevano frutti gli appelli di D’Alema per «il massimo possibile di condivisione» sulla sua politica estera, cadeva nel vuoto l’evocazione della Grande coalizione reiterata da Tremonti, Mastella ribadiva che più di un allargamento della maggioranza ci vuole un’intesa bipartisan per le riforme costituzionali, e lo stesso Baccini difendeva inutilmente la proposta di «destrutturare non solo la Cdl ma l’intera politica italiana». Sulla legge elettorale almeno, è possibile «una convergenza»?, ha implorato Baccini proseguendo: «Noi abbiamo fatto la nostra parte, propugnando una legge che è tornata al sistema proporzionale. Ma ora va completato il lavoro, bisogna introdurre anche le preferenze!». Il sì di D’Alema è giunto immediato, pur se in direzione del tutto contraria a quella evocata da Baccini. «Vedo lo spazio, anzi la necessità», ha esordito il ministro degli Esteri, «di un confronto sulla legge elettorale». Perché «quella che c’è è sommamente negativa», «è un pastrocchio».
A Tremonti non era stato lasciato il tempo di esprimersi su questo tema, perché il tempo del moderatore, Mario Orfeo, era scaduto. Però il vicepresidente di Forza Italia, sceso dal palco, non si è sottratto: «Sì, sono d’accordo con D’Alema, questa non è proprio una gran legge elettorale: è maggioritaria senza avere i collegi. Di certo va cambiata, anche se oggi le emergenze sono altre: le pensioni, la sanità, le tasse, la benzina; e in autunno s’aggiungerà il riscaldamento».
Non poteva mancare un rigurgito sul conflitto di interessi, la riforma della legge esistente ventilata il giorno prima dall’intero centrosinistra, che Tremonti ha consigliato «vivamente» di accantonare: meglio lasciar perdere «anche per l’economia esistenziale della maggioranza», che farebbe bene ad «occuparsi di problemi più seri».

Baccini prevede che non se ne farà nulla, la proposta di modificare la legge esistente «è uno spettro brandito per intervenire sulle televisioni». D’Alema invece sta col governo, ma senza grande entusiasmo, e quasi si lascia sfuggire che «vi stanno lavorando Passigli e Bassanini». Ambedue ormai estranei al Parlamento.

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