Il governo è al lavoro per preparare la prossima finanziaria, mentre incombe la ratifica del Mes e il ritorno del patto di stabilità. Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con gli economisti Alberto Mingardi e Giulio Sapelli.
La prossima manovra finanziaria sarà lacrime e sangue?
Mingardi: "È improbabile, per ragioni di ciclo politico: siamo al secondo anno della legislatura e ci sono le elezioni europee in vista. I partiti di maggioranza cercheranno ciascuno di portare a casa qualche osso da gettare ai rispettivi elettori. Il ministro dell'Economia lo sa bene e per questo sta cercando di contenerne le aspettative. Il momento è complicato: l'economia mondiale si sta raffreddando e molti nodi stanno venendo al pettine. L'idea, egemone oggi in Europa, che la crescita economica si faccia attraverso i sussidi si sta dimostrando meno solida di quanto apparisse quando le banche centrali consentivano di fare debito presunto buono a tutto spiano. La prudenza è d'obbligo, soprattutto per chi si dice conservatore. Vedremo se e come in qualche modo la legge di bilancio si incastrerà con la delega fiscale. Se ci sarà un intervento magari a favore dei redditi più bassi e come verrà finanziato. Il problema delle riforme del fisco a spizzichi e bocconi è sempre quello di creare ulteriore incertezza, in un sistema già incomprensibile".
Sapelli: "Lacrime e sangue è una definizione impropria. È una manovra che si pone con una strada obbligata che è quello del pilota automatico europeo. Bisognerebbe dire che lacrime e sangue è il patto di stabilità, ma non è una definizione scientifica. Sarà una manovra timida e molto condizionata dall’operato dei precedenti due governi che hanno lasciato su questo governo un fardello enorme, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra entrate e debito pubblico. Quindi è una manovra pesantemente condizionata da un’eredità di manovre dissennate, tra cui primeggia il bonus edilizio dato indiscriminatamente e il reddito di cittadinanza dato altrettanto indiscriminatamente. È, in sostanza, una manovra che, unita alla pervasività e alla permanenza del patto di stabilità che avrebbe dovuto essere modificato, pone questo governo in una condizione terribile e difficilissima".
Cosa pensa dello scontro tra il governo e il commissario Gentiloni?
Mingardi: "È un riflesso condizionato. I partiti di maggioranza per anni hanno fatto dell'Unione europea l'oggetto di attacchi ricorrenti, adesso provano a trasformare il fatto che la legge di bilancio non riuscirà a realizzare le promesse elettorali in una colpa dell'Europa. Beninteso, ci sarebbero ottimi motivi per litigare con l'Europa di Van der Leyen e Timmermans, ma quel poco di disciplina di bilancio rimasta non è tra quelli".
Sapelli: "Non credo ci sia stato uno scontro. È stata una polemica ingigantita dai mass media".
Quali sono i rischi per l' Italia se ritorna il patto di stabilità pre-pandemico?
Mingardi: "Il rischio di dovere tornare a occuparsi del proprio debito, smettendo di fingere che non sia un problema. In realtà nessuno in Europa vuole tornare a quelle regole ma delle regole ci debbono essere. In Italia ci sarebbe la Costituzione, che prescrive l'equilibrio di bilancio per quanto aggiustato all'andamento del ciclo economico. Le regole fiscali sono una tutela dei cittadini e soprattutto delle generazioni future, da cui stiamo prendendo a prestito quattrini per progetti che è improbabile rendano più di quel che costano. Vale anche per il PNRR.C'è una proposta tedesca, di impegnarsi per una riduzione dell'1% del debito ogni anno. L'Italia farebbe bene ad accodarsi a quella, negoziando magari una verifica pluriennale. Non si tratta di un obiettivo impossibile da raggiungere e impegnarsi in quella direzione farebbe bene soprattutto a noi".
Sapelli: "Quelli che sono già stati resi manifesti dagli anni di austerità liberista che ci hanno preceduto. Se non si permette una ripresa degli aiuti di Stato e si svincolano dal debito gli investimenti, sarà molto difficile pensare a un miglioramento della situazione economica, nella presente collocazione internazionale dell’Italia con la recessione tedesca e cinese contemporaneamente".
L'Italia dovrebbe approvare il Mes?
Mingardi: "Non c'è nessun motivo razionale per non farlo".
Sapelli: "Ho già detto molte volte che approvare il Mes sarebbe una trappola per topi. Era vero tre anni fa, tanto più è vero oggi".
Il Superbonus ha sconquassato i conti italiani?
Mingardi: "Sì, ma non è che prima del superbonus i conti italiani fossero un modello. Purtroppo da noi, per tanti motivi, la tendenza dei politici a spendere, spendere sempre di più è particolarmente forte. Il superbonus è stato l'uovo di Colombo: permetteva di mettere assieme questa forte propensione alla spesa con una spolverata di ideologia ambientalista. Ha prodotto anche degli effetti sulla crescita, con la mobilitazione dell'edilizia, non lo si può negare. Ma a quale prezzo? Bisognerebbe non rifare lo stesso errore. Purtroppo però, come è evidente anche nel disegno del PNRR, le due propensioni di fondo prescindono dal superbonus: ovvero la convinzione che la crescita si faccia a suon di sussidi e che una spolverata di green li giustifichi. Bene il governo che ha rivisto il superbonus, speriamo sia in corso anche una attenta revisione dei progetti e delle modalità di spesa del mitologico PNRR".
Sapelli: "Sì, perché è stata una manovra non calibrata, non data a coloro che ne avevano necessità, non pensata soprattutto ai bisogni delle imprese e dei lavoratori ma alla demagogia peronista tipica del governo Cinque Stelle".
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