Priolo tra petrolio e transizione: così la Sicilia torna centrale sull'energia

Priolo al centro della sfida energetica dell'Italia e della Sicilia: ecco perché la vendita dell'impianto Lukoil è di importanza decisiva

Priolo tra petrolio e transizione: così la Sicilia torna centrale sull'energia

La rinascita della raffineria Isab (Industria Siciliana Asfalti e Bitumi) di Priolo può iniziare con la vendita del centro di proprietà della russa Lukoil. L'acquisto da parte di G.O.I. Energy, società di proprietà del fondo cipriota Argus, è l'inizio di un processo che separa, una volta per tutte, i destini di una delle raffinerie più grandi d'Europa da quelli della guerra russo-ucraina. E si può sommare alle strategie energetiche italiane nel Mediterraneo allargato.

Centrata sul gas, la strategia energetica italiana non può dimenticare il petrolio, almeno nel breve periodo, perché si configuri quella sicurezza energetica che è premessa per una diversificazione delle fonti vincenti e per una strategia ordinata di transizione verso fonti più pulite. E in quest'ottica l'affare Priolo è importante sul piano energetico, economico e politico.

Energetico, ovviamente, perché la raffineria Isab in Sicilia è una chiave dell'approvvigionamento nazionale di prodotti elaborati sul petrolio importato dall'Italia e genera un volume d'affari per circa 3 miliardi di euro l'anno. Economico e produttivo, perché si evita la chiusura dell'impianto e la perdita di 10mila posti di lavoro, indotto incluso, oltre a una sensibile quota produttiva e a un pezzo di storia industriale del sistema-Paese. Politico, infine, per una duplice ragione.

Primo punto: si opera un vero e proprio processo di friend-shoring liquidando Lukoil e la partecipazione russa da un lato e aprendo all'entrata di attori legati a Paesi amici e più affidabili. G.O.I. Energy è infatti di diritto cipriota e dunque sottoposta allo scrutinio comunitario sulle società finanziarie e ha già comunicato i partner con cui intende lavorare. Innanzitutto Trafigura, società franco-svizzera con sede a Singapore che, ricorda StartMag, è "il più grande trader privato (cioè non quotato in borsa) di metalli al mondo e il secondo di petrolio. Possiede quote di proprietà in siti estrattivi, stabilimenti di produzione, impianti di trasporto e terminali di stoccaggio sparsi tra centocinquanta nazioni diverse" e conosce già il mercato italiano della raffinazione. In Italia Trafigura "ha una quota del 3,01% di Saras, la società di raffinazione presieduta da Massimo Moratti e proprietaria della grande raffineria di Sarroch". La seconda società è invece Bazan Group, pietra miliare dell'industria petrolifera israeliana (il 30% della produzione totale viene esportato soprattutto nei Paesi del Mediterraneo orientale), gestisce alcuni dei più grandi impianti integrati di raffinazione e petrolchimico di Israele, Stato che con l'Italia targata Draghi e Meloni sta costruendo una ricca e strutturata alleanza energetica.

Secondo punto: il rilancio geostrategico della Sicilia come hub dell'energia in un quadro di breve, medio e lungo periodo. Sul breve periodo, perché la Sicilia sarà punto d'arrivo dei gasdotti africani e hub della raffinazione italiana di petrolio. Sul medio, perché ad esso si aggiungeranno anche i sistemi di cavi sottomarini per la trasmissione di energia elettrica sull'asse Europa-Africa. Sul lungo, infine, per la natura chiave dell'impianto di Priolo in un quadro di transizione energetica multidimensionale. Ove oggi si producono prodotti petroliferi raffinati domani potranno essere realizzati, ad esempio, biocarburanti come il biodiesel da olio di palma o la benzina avio "sostenibile".

Salvare l'impianto di Priolo è di valenza chiave perché la triade carburanti-gas-rinnovabili funzioni virtuosamente. E valorizzare, da un lato, la centralità della Sicilia nel Mediterraneo, e dall'altro le potenzialità italiane in campo energetico. Realizzando in forma multidimensionale quel "Piano Mattei" che non può limitarsi al gas.

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