Caos in Brasile, blitz della polizia contro l'assalto. Lula: "Vandali"

Attacco dei sostenitori di Bolsonaro al palazzo presidenziale in Brasile: per i commentatori politici è la Capitol Hill del gigante latinoamericano

Caos in Brasile, blitz della polizia contro l'assalto. Lula: "Vandali"

Brasile nel caos a una settimana dall'insediamento del nuovo presidente, Lula, per il suo terzo mandato. I sostenitori dell'ex presidente Jair Bolsonaro, che da tempo contestano il ritorno della Sinistra del Partito dei Lavoratori al potere, hanno invaso nella giornata dell'8 dicembre il Palazzo del Planalto, sede del governo e della Corte Suprema nella capitale Brasilia. Dopo ore di vandalismi e occupazione, la situazione è rientrata a seguito dell'intervento della polizia.

Per il presidente tornato in carica da una settimana i facinorosi sono "vandali fascisti". Per buona parte dell'opinione pubblica globale il colpevole è già chiaro: Jair Bolsonaro, dal 30 dicembre in Florida, che non ha avallato la transizione con Lula e ha parlato solo nella tarda notte italiana condannando l'accaduto. E la democrazia verdeoro si trova impreparata a gestire, nelle prime giornate, la polarizzazione nata dalle elezioni di ottobre, col ballottaggio vinto da Lula solo in volata.

L'assalto dei sostenitori di Bolsonaro

L'ex presidente è da tempo assente dal dibattito pubblico e si limita da giorni a postare su Twitter una serie di pillole riguardanti i risultati del suo mandato. Ha accettato nei fatti la transizione ma negato di legittimarla presentandosi all'insediamento di Lula l'1 gennaio scorso. Bolsonaro e l'ex vicepresidente Hamilton Mourao non hanno passato direttamente le consegne a Lula e al suo vice, il veterano dell'Opus Dei Gerardo Ackim, anima moderata della Sinistra brasiliana, aprendo di fatto una crisi di legittimità.

Nessun invito esplicito, ma da giorni migliaia di sostenitori dei gruppi pro-Bolsonaro si sono accampati fuori dalle caserme di tutto il Brasile chiedendo a gran voce l'intervento militare contro la Sinistra. Di fronte al rifiuto delle forze armate, saldamente democratiche e i cui nuovi vertici sono stati scelti da Lula, oggi proprio dal quartier generale dell'esercito un capannello di ultrà bolsonaristi è arrivato marciando alla Piazza dei Tre Poteri, che ospita la corte suprema, il palazzo presidenziale e il congresso.

La Capitol Hill del Brasile?

Dapprima a essere sfondata è stata la sede del Parlamento. In seguito, le immagini apparse su Twitter hanno mostrato che i sostenitori di Bolsonaro erano arrivati anche oltre le soglie del palazzo presidenziale. Le immagini diffuse da André Janones, compagno di Lula nel Partito dei Lavoratori, sono in tal senso indicative.

Rodrigo Rangel, noto commentatore politico brasiliano, e Alejandro Alvarez, giornalista e cronista specializzato in America Latina, hanno paragonato l'assalto dei bolsonaristi ai fatti di Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Stessa matrice, la destra populista. Stesso obiettivo, la negazione di un esito elettorale. Stesso risultato, la mortificazione di una democrazia piagata dalle fratture interne.

Il simbolo identificativo degli assalitori è la maglia verdeoro della nazionale brasiliana di calcio, adottata dai bolsonaristi come identificatore collettivo. La polizia ha reagito agli assalti dei manifestanti usando spray e lacrimogeni, ma non ha utilizzato ad ora il guanto di ferro. In larga parte dei video apparsi su Twitter si vede la corsa folle dei manifestanti oltre le barriere e i cordoni di sicurezza che proteggono i palazzi istituzionali.

Bolsonaro tace, per Lula "violenza senza precedenti"

Per diverse ore non è ancora arrivata alcuna presa di posizione del convitato di pietra di queste proteste, l'ex presidente Bolsonaro. Che da tempo segue una strategia ambigua: dichiararsi ex presidente senza riconoscersi sconfitto.

Da senatore per il Rio Grande do Sul, ha parlato oggi l'ex vicepresidente Mourao, che a Veja ha difeso i risultati del governo Bolsonaro, definito vecchio e revanscista l'esecutivo di Lula e citato anche il fatto che molti bolsonaristi si appellino all'estromissione politica di Lula con la forza: "Sfortunatamente, una parte della popolazione non può accettare che le soluzioni del passato non si adattino al presente. Così, hanno iniziato a chiedere che le Forze Armate risolvano un problema politico, non militare". Il Brasile sprofonda, una volta di più, nell'incertezza senza che i facinorosi che negano l'esito democratico del voto di ottobre siano disarmati o legittimati dalla parte che pretendono di rappresentare, il cui imbarazzo si nota palesemente.

La destra brasiliana controlla la maggioranza relativa dei voti alla Camera e al Senato e ha aumentato i consensi rispetto al 2018. I facinorosi rischiano, in primo luogo, di danneggiare la loro stessa parte. Come accaduto per l'immagine del Partito Repubblicano due anni fa negli Usa dopo i fatti di Capitol Hill. A metterci una pezza ci ha provato il presidente del Partito Liberale di cui Bolsonaro fa parte e che controlla 99 seggi su 513 al Congresso, Valdemar Costa Neto, definendo l'attacco "una vergogna" e provando a spiegare che "i manifestanti non rappresentano Bolsonaro".

Il presidente Lula, nella sera italiana, ha dichiarato che quella dei sostenitori di Bolsonaro è una "violenza senza precedenti". Dallo Stato di San Paolo, dove si è recato per monitorare le devastazioni causate dalle inondazioni, il presidente ha dichiarato che qualcosa del genere "non è mai avvenuto nella storia di questo Paese". Lula ha decretato "l'intervento federale" nella sicurezza nel distretto di Brasilia fino al 31 gennaio. La sicurezza è stata tolta alla responsabilità del governatore, il centrista Ibaneis Rocha, e affidata all'esecutivo. Lula ha parlato a reti unificate ricordando che "la polizia militare del distretto federale non ha garantito la sicurezza. Purtroppo non è la prima volta che succede". Il presidente ha paventato la possibilità di schierare l'esercito contro i manifestanti se la protesta non fosse rientrata

Il riflusso della protesta

L'esercito ha già 2.500 soldati in attesa di agire a Brasilia se saranno chiamati attraverso un decreto che può essere deciso solo dal Presidente della Repubblica.

Per ora, però, sembra che non ce ne sarà bisogno. La polizia ha ripreso il controllo della sede del Parlamento, dopo il Palazzo Presidenziale e il Tribunale Supremo Federale, attorno alle 23 ora italiana. L'uso di proiettili di gomma sparati dagli agenti sugli elicotteri, il disconoscimento politico della protesta e l'isolamento dei manifestanti, entrati senza un piano che non fosse quello di incendiare il contesto interno al Paese, ha prodotto un rapido sfaldamento della jacquerie di Brasilia. Che rappresenta, però, un fosco presagio sulla saluta della democrazia verdeoro. La quale nei prossimi anni sarà attesa da un referendum quotidiano.

A corredo di tutti gli eventi, condannati unanimamente dai maggiori leader mondiali, nella notte italiana sono finalmente arrivate le parole di Bolsonaro, da Orlando. Per l'ex presidente "manifestazioni pacifiche - ha scritto su Twitter - nel rispetto della legge fanno parte della democrazia. Vandalismi e occupazioni di spazi pubblici come quelli di oggi, così come quelli fatti dalla sinistra nel 2013 e 2017, no".

Nelle stesse ore il Corte suprema federale, ha deciso la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasialia, Ibaneis Rocha, per non esser riuscito a contenere le proteste. Si è esaurita dunque così una delle giornate più complesse della storia della democrazia brasiliana, destinata a segnare a lungo la memoria collettiva di un Paese tanto grande e complesso quanto fragile.

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